mercoledì, settembre 13, 2006

13 settembre: il pasticcio dei pasticcini

Da un vassoio di pasticcini se ne distribuiscono prima un quinto e poi i due terzi del rimanente. Nel vassoio restano otto pasticcini. Quanti pasticcini c’erano all’inizio?

Eccoci qua: 8 e 10, classe seconda, tutti attenti e diligenti e si incomincia con i problemi con le frazioni.
Questi problemi sarebbero risolvibili con un’equazione MA!!! Le equazioni si fanno in terza e allora in seconda si deve lavorare scervellandosi per trovare la frazione rimasta dopo la prima distribuzione, di questa calcolarne i due terzi, che è la seconda distribuzione, sommare le due distribuzioni e sottrarre il risultato dall’intero e poi calcolare quanto è la relativa unità frazionaria facendo riferimento agli otto pasticcini rimasti, che ormai saranno odiati da tutti e nessuno li vorrà mangiare e dulcis in fundo finalmente procedere verso il numero iniziale di pasticcini..
Affinché nessuno dei mie quattro lettori passi notti insonni svelo che i pasticcini all’inizio erano 30..

E così passa la prima ora, il bello è che lo stesso problema in terza lo sanno fare solo quattro.. e allora cosa ho insegnato io tutto l’anno scorso??
Probabilmente poco, visto i risultati, tutto l’anno a contare pasticcini, vasche da bagno, terzi di figurine, due terzi, sei terzi,.. eilà ma questa non è una frazione… ops..
- Ti eri accorta?-
- Ma veramente prof. Io per la matematica non sono portata-

Eccoci di nuovo al solito ritornello: io non sono portata…
- Sa le scienze ancora ancora, ma la matematica proprio non la capisce, è una cosa di famiglia- dice sua mamma…

Devo trattenermi dal dare in escandescenze.
Non esiste una nazione più matofoba della nostra, già da piccoli le mamme iniziano a dire :
- eh….la matematica non è il suo forte.-

Una mia collega sostiene che sono troppo testarda, che se uno non capisce la matematica non la capisce e basta, non lo devo tormentare e che devo portare pazienza, farà altro nella vita, la parrucchiera, il modello e che è inutile che insista.

- Ma chiudi un occhio, fagli fare due operazioncine e via, poi è quello che le/gli servirà-


Santo dio, ma non è mica scemo o scema : quei quattro di terza che ancora non hanno imparato a fare il denominatore comune sanno tutto delle attrici, cantanti, degli ultimi mp3 e da come si fa una chat con un cellulare.. e allora?

Merd!!..( en française.. loro fanno anche francese)

Allora torna fuori la storia che loro per la matematica non sono portati con il placet di tutto il popolo che li circonda, quasi a sostegno che si può vivere benissimo senza conoscere i numeri relativi o i numeri primi o cosa è un binomio, poi però questi faranno non le parrucchiere ( che magari sarebbe stata la loro realizzazione ) ma andranno al Classssicooo meglio se linguistico.. ‘chè per le lingue sono portate. Macchè portate e portate: sanno tutti che lì promuovono a go go e i voti li regalano, vanno lì perché è un liceo e fa figo e poi comunque in un modo o nell’altro passano.

Al liceo classico ad indirizzo linguistico non serve la matematica (??), tireranno avanti con un po’ di asterischi, saranno promossi perché
- Scrive tantooooooooo Beneeee !!! _
e poi ….?
MEDICINA!!
Tra dieci anni te li ritrovi in ospedale col camice bello bianco e tu hai il terrore che questo personaggio attacchi un apparecchio sbagliato non sapendo cosa è un polo positivo o negativo…. Esssiiì: la fisica è come la matematica… se uno non è portato…!!
Ma tanto cosa importa, il medico mica deve sapere cosa è un polo positivo o negativo, quello lo sa il tecnico ….

Vabbene… questa terza è una classe da morire dal ridere, se alle volte non perdessi la pazienza, ma con loro anche i più calmi la perdono… Sette ragazzi quasi geniali e sette
-…io per la matemtica proprio no.. –
e gli altri che si barcamenano: venticinque in tutto.

In prima mi facevano uscire di senno… per i primi cinque mesi non hanno capito che dall’ultimo banco della classe, lunga e stretta non potevano andarsene disinvoltamente al primo banco della prima riga a prendere la gomma che l’amico gli offriva mentre io mi affannavo a spiegare le potenze.
Alle mie spalle accadeva di tutto: chi si alzava per andare a gettar cartine, chi mi guardava come una pazza se mi voltavo e mi arrabbiavo perché avevano fatto una teleferica con la cancellina creando delle strisce che andavano da un banco all’altro, oppure si erano tirati l’astuccio (... per non andare in giro per la classe che la prof. si arrabbia.. ) e questo era planato in mezzo all’aula distribuendo il contenuto sotto i banchi di tutti, tra le risate generali.

Un giorno uno mi chiede di uscire a metà spiegazione, e presa dalla stanchezza acconsento.
ERRORE!! .
Lui esce ma, siccome sta parlando con un compagno, infila lo stipite della porta a tutta forza perché "ho preso al mira sbagliata" mi dirà poi e la sua mamma si infastidisce alquanto perché arriva a casa col bozzo.
Colpa mia! Non dovevo lasciarlo uscire.
Tutti chiusi in classe per tre ore di fila con le finestre chiuse perché cadono e con le porte chiuse perché i bidelli amano chiamarsi, o semplicemente colloquiare, da un capo all’altro del corridoio che, essendo molto alto e molto lungo, è una splendida cassa acustica e le loro chiacchiere e riflessioni superano quasi la mia voce: quindi chiudo la porta.
L’aria è viziata, è la quinta ora e molte bocche fanno ooooooh non di stupore, ma da sbadiglio.
In questa classe ho impiegato tutto un anno a insegnare loro ( a quei sette di loro, ma non potevo mica fare finta che non esistessero) come si scrivono i compiti per casa sul diario.
-Scrivete sul diario i compiti per casa -
- Per quando??-
- Per la prossima volta -
- Ma che giorno è -
- Santo cielo, dovresti saperlo tu il tuo orario, non io che ho tre classi, comunque è per giovedì-
-Ma che giorno è?-
- Giovedì?-
- No dicevo il numero perché io non ho il calendario-
A questo punto generalmente cedevo e guardavo il calendario, poi iniziavo a dettare, MA l’altro mica aveva capito che “scrivete sul diario” valeva anche per lui e quindi nemmeno aveva pensato di togliere dallo zaino il suddetto, quindi l’operazione della ricerca del diario nel pozzo oscuro del suo zaino iniziava solo ora..

Intanto gli altri 20, alunno più alunno meno, avevano già tirato fuori il diario, ma anche già perso il segno e stufi di aspettare i compagni si erano messi a fare i fatti loro tirandosi bigliettini. Regolarmente finivo di dettare i compiti dopo il suono della campanella facendo innervosire il docente dell’ora successiva, che a sua volta finiva in situazioni analoghe alla mia.
Alla fine avevo studiato la strategia del
1) Tirate fuori il diario: 5 minuti per trovarlo
2) Scrivete. Con almeno tre - per quando è? - : 5 minuti per organizzare tutti i per quando è.
3) Scrivete, ora che siete pronti: 5 minuti perché c’era sempre chi rimenava indietro
Totale 15 minuti su 50 (durata dell’unità didattica) per dettare i compiti per casa.


Oggi entro in quella ex prima, ora terza, e faccio lezione. Quando mancano 5 minuti mi accingo a dettare i compiti per casa:
- Per casa ! –
- Per quando?-
- Per domani -
- Ma che numero è ?-
Nooooooooooooooooooooooo

Uno pensa che questi ragazzi siano scemi, mica vero: sono gentili, simpatici, hanno molti interessi, hanno seguito un mio corso sull’HTML e hanno anche imparato a fare pagine web, ma la matematica.. ..
-sa io non sono portato !