Con lui perderò?
Avanza trascinando i piedi, con lentezza esasperante. Pare non aver chiara la direzione che sta seguendo; i pantaloni con il cavallo fino al ginocchio, la felpa over size, le catene penzolanti al fianco che tintinnano, sembra uno zombie.
Poi alzi lo sguardo e scivoli dai piedi alla tesa percorrendo il suo metro e ottantadue di altezza e trovi un volto imbronciato da bambino, i capelli castani ed arruffati e la testa piegata verso il basso per poterti guardare da sotto in su nonostante la sua altezza.
Quando parla sorride sempre, ma è un sorriso strano, da sconfitto.
Ha la consapevolezza che sarà bocciato e annega in un mare di incertezza e di fallimento che non gli consentono di tentare nemmeno quando qualche cosa la sa.
E' in seconda media. Visto da lontano , senza punti di riferimento, pare un ragazzino delle elementari, poi lo guardi con attenzione e ti accorgi che è un molosso, alto, robusto e sconsiderato. Non si rende minimamente conto della sua forza ed è finito più volte in presidenza a causa di sberle, tirate per gioco ai compagni, che avevano lasciato il segno.
Io non riesco mai ad arrabbiarmi con lui: mi guarda come un cucciolo impaurito dall'alto del suo metro e ottanta.
L'anno scorso faceva bene in matematica, aveva intuizioni quasi geniali per soluzioni alternative a problemi proposti. Se uno è in grado di inventarsi una soluzione non può cadere nella incapacità totale, tanto da presentare verifiche quasi in bianco.
Non capisco assolutamente cosa gli sia successo.
Il suo babbo viene spesso a parlare, il babbo è uno tosto, gran lavoratore, che si dispera per gli insuccessi del figlio e velatamente incolpa la madre, con cui il ragazzo vive, di non seguirlo. E' il solito ragazzino figlio di separati. Ma lui non è il solito.
C'è qualche cosa che non capisco nel suo sbracamento totale, sia fisico che mentale, nell'abbandono di ogni voglia di combattere e nel suo rifugiarsi in una nuvola di niente.
Per la sua altezza è molto ricercato negli ambienti del basket, ma a lui non la cosa non interessa, fa anche lì il minimo indispensabile.
Suo padre mi ha chiesto di parlargli, di fargli capire che se si rimette in pista può ancora farcela, e siccome anche io la penso così oggi l'ho chiamato fuori:
-Perché non fai niente, hai rinunciato, pensi che verrai bocciato?-
-Sì- e non mi ha risposto altro.
Mi ha guardato negli occhi e si capiva che era un si sincero e sconsolato.
Si è seduto su un banco che stava in corridoio per non essere tanto più alto di me, mi ha detto che lo imbarazzava guardarmi "da su".
Allora gli ho detto le cose di sempre, che se avesse fatto decentemente in matematica ed in scienze e magari in italiano scritto e in qualche educazione poteva sperare di rialzarsi.
Mi ha di nuovo guardato negli occhi e mi ha detto:
- Non lo sapevo, ma non è troppo tardi ?-
- Non è mai troppo tardi, dipende dall'impegno che ci metti, dalla voglia che hai di faticare, se ci stai io ti aiuto-
Di nuovo mi ha guardato negli occhi, ha sorriso e sul viso si è aperto uno spiraglio di speranza, anche io ho sperato gli si fosse parato davanti uno sprazzo d'azzurro.
Ho sperato.
Dopo il riposo ho ripreso a spiegare, lui se ne stava tranquillo ed attento nell'ultimo banco…se ne stava attento…per cinque minuti. Poi ha ripreso a chiacchierare, a dondolarsi sulla sedia e mi ha chiesto di uscire perché non si sentiva bene.
Lui, ecco lui non riesco a capirlo ne ad aiutarlo, capisco solo che a scuola sta male, che è spesso deriso per le sue frasi senza senso ma capisco anche che questo ruolo che si è disegnato addosso non se lo vuole togliere ed io sono inerme.
Gli parlerò ancora ma temo sia una battaglia persa.
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Copyright © La_prof. Mity 2006-2012

Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.
Poi alzi lo sguardo e scivoli dai piedi alla tesa percorrendo il suo metro e ottantadue di altezza e trovi un volto imbronciato da bambino, i capelli castani ed arruffati e la testa piegata verso il basso per poterti guardare da sotto in su nonostante la sua altezza.
Quando parla sorride sempre, ma è un sorriso strano, da sconfitto.
Ha la consapevolezza che sarà bocciato e annega in un mare di incertezza e di fallimento che non gli consentono di tentare nemmeno quando qualche cosa la sa.
E' in seconda media. Visto da lontano , senza punti di riferimento, pare un ragazzino delle elementari, poi lo guardi con attenzione e ti accorgi che è un molosso, alto, robusto e sconsiderato. Non si rende minimamente conto della sua forza ed è finito più volte in presidenza a causa di sberle, tirate per gioco ai compagni, che avevano lasciato il segno.
Io non riesco mai ad arrabbiarmi con lui: mi guarda come un cucciolo impaurito dall'alto del suo metro e ottanta.
L'anno scorso faceva bene in matematica, aveva intuizioni quasi geniali per soluzioni alternative a problemi proposti. Se uno è in grado di inventarsi una soluzione non può cadere nella incapacità totale, tanto da presentare verifiche quasi in bianco.
Non capisco assolutamente cosa gli sia successo.
Il suo babbo viene spesso a parlare, il babbo è uno tosto, gran lavoratore, che si dispera per gli insuccessi del figlio e velatamente incolpa la madre, con cui il ragazzo vive, di non seguirlo. E' il solito ragazzino figlio di separati. Ma lui non è il solito.
C'è qualche cosa che non capisco nel suo sbracamento totale, sia fisico che mentale, nell'abbandono di ogni voglia di combattere e nel suo rifugiarsi in una nuvola di niente.
Per la sua altezza è molto ricercato negli ambienti del basket, ma a lui non la cosa non interessa, fa anche lì il minimo indispensabile.
Suo padre mi ha chiesto di parlargli, di fargli capire che se si rimette in pista può ancora farcela, e siccome anche io la penso così oggi l'ho chiamato fuori:
-Perché non fai niente, hai rinunciato, pensi che verrai bocciato?-
-Sì- e non mi ha risposto altro.
Mi ha guardato negli occhi e si capiva che era un si sincero e sconsolato.
Si è seduto su un banco che stava in corridoio per non essere tanto più alto di me, mi ha detto che lo imbarazzava guardarmi "da su".
Allora gli ho detto le cose di sempre, che se avesse fatto decentemente in matematica ed in scienze e magari in italiano scritto e in qualche educazione poteva sperare di rialzarsi.
Mi ha di nuovo guardato negli occhi e mi ha detto:
- Non lo sapevo, ma non è troppo tardi ?-
- Non è mai troppo tardi, dipende dall'impegno che ci metti, dalla voglia che hai di faticare, se ci stai io ti aiuto-
Di nuovo mi ha guardato negli occhi, ha sorriso e sul viso si è aperto uno spiraglio di speranza, anche io ho sperato gli si fosse parato davanti uno sprazzo d'azzurro.
Ho sperato.
Dopo il riposo ho ripreso a spiegare, lui se ne stava tranquillo ed attento nell'ultimo banco…se ne stava attento…per cinque minuti. Poi ha ripreso a chiacchierare, a dondolarsi sulla sedia e mi ha chiesto di uscire perché non si sentiva bene.
Lui, ecco lui non riesco a capirlo ne ad aiutarlo, capisco solo che a scuola sta male, che è spesso deriso per le sue frasi senza senso ma capisco anche che questo ruolo che si è disegnato addosso non se lo vuole togliere ed io sono inerme.
Gli parlerò ancora ma temo sia una battaglia persa.
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2 Comments:
Anche una sconfitta può determinare una crepa in quel metro e ottantadue...
E' stato fermato, ma non è servito, anche quest'anno dondola dal suo metro e ottantadue e non fa molto.Comunque avrei sbagliato
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