domenica, novembre 26, 2006

24 novembre: i pestaggi

Solo due giorni fa ho parlato, in seconda, dell’argomento di cui oggi i media tanto dicono : il bullismo,
La chiacchierata era stata tranquilla, tutti avevano detto che a loro nulla era mai capitato, ma io sapevo che così non era, sapevo che l’anno scorso uno di loro era stato coinvolto in una mini rissa, vicino alla fontana della piazza.
Alla fine dell’anno, quando vanno di moda i gavettoni, lui aveva ecceduto nel tirarli attirandosi le ire di un ragazzino. Il tutto era degenerato in uno spintonamento con calci e facce dure, ma poi era finita lì.
Siccome sapevo ho cercato di farli parlare, raccontando loro di quando ero alle elementari io, in quinta, ed il mio amico del cuore era stato la vittima di un ripetente che lo derideva e prendeva a calci e per tutta il tragitto del ritorno a casa; di quanto io avessi sofferto e di come lui non avesse saputo ribellarsi a queste angherie, ma soprattutto della nostra impossibilità, a quei tempi, di rivolgerci agli adulti.
Se lo avessimo fatto non ci avrebbero capito perché loro non potevano nemmeno concepire che accadessero certe cose.
Avevo quindi detto ai ragazzi della mia classe che, in fondo, loro erano più fortunati di me, perché forse gli adulti li avrebbero potuti aiutare.
A quel punto lui aveva alzato la mano e mi aveva detto:
- Io sono stato vittima di bulletti e però sono stato bullo anche io, perché ho tormentato chi mi tormentava e un po’ picchiato -
Questa sua fiducia mi aveva resa ottimista e, siccome quest’anno studia e fa bene, avevo proprio sperato che la sua strada avesse preso il verso giusto….avevo sperato.
Ieri mattina entro nell’atrio della scuola e trovo un gran trambusto, le bidelle che strillano e un ragazzo alto più di me, che si tiene un siberino sulla faccia. Non capisco cosa diavolo stia succedendo ma poiché nella scuola ci sono ben nove sezioni, evito di impicciarmi come il mio solito, e decido di avviarmi in classe, ma poi mi volto e lo vedo.
E mi casca il mondo.
Ma come di nuovo lui?
Di nuovo coinvolto in una rissa, non è servito a niente quello che ci siamo detti in classe.
Le bidelle lo incalzano una prof. gli strilla che chiamerà il preside, che, come al solito, di buon mattino non c’è.
Lui è piccolo, vestito provocatoriamente con giacca di pelle nera e calzoni sbrindellati. E’ bello: ha due occhi verdi, i capelli castani ed un sorriso leale, ma in quel momento ha il volto devastato dalle lacrime e la bocca, serrata in uno spasmo, sta urlano - Frocio di merda- rivolto all’altro.
Lo tocco e sento che trema, è teso come una corda di violino, trema piange ed insulta. Gli passo un braccio sopra la spalla e gli chiudo la faccia sulla mia giacca sussurrandogli un
- Taci, sta zitto, non peggiorare la situazione! -
Si dibatte alla mia stretta ma è evidente che non se ne vuol liberare.
Le bidelle e l’insegnate continuano a dirgli che "queste cose non si fanno" senza nemmeno considerare che l’altro, il picchiato, è mezzo metro più grande di lui.
Allora lo trascino nell’aula che sta lì accanto e chiudo la porta.
Lui piange e trema e tra i singhiozzi ammette di aver tirato un pugno, ma è stato l’altro a colpire.
- Erano in tanti, mi tenevano e io tiravo calci, poi quello mi ha tirato un pugno e io mi sono liberato e gli sono saltato addosso. Mi provocano ogni giorno, mi deridono per come mi vesto, mi dicono pezzente e che sono sporco e altre cose che non le dico... ma io quelli li frantumo o si… non so come, ma io li riempio di botte..-
Aspetto che tutti salgano e lo faccio salire con me in ascensore e poi, in classe inizia il processo.
Nessuno l’ha visto, ma lui dice che c’erano due della mia prima.
Chiamo la collega e andiamo a sentire la deposizione dei due di prima.
Intanto lui si è calmato, ho dato un esercizio divertente da fare e tutti lavorano sotto lo sguardo vigile del bidello che gentilmente si presta.
I due di prima confermano la versione solo parzialmente, dicono che loro non hanno visto gente che tenesse lui, ma che ogni mattina c’è questa storia che lo prendono in giro. Però, dicono, il primo a tirare il pugno è stato quello alto .
Chiamiamo lui fuori, nell’ ormai noto corridoio e i ragazzi confermano anche davanti a lui la versione. Lui resta un po’ spiazzato dal sentir dire che nessuno lo teneva, ma reagisce subito dicendo di esser stato preso di sorpresa dal pugno altrimenti….
Allora gli solleviamo i capelli e vediamo il bozzo: un bel bozzo tra occhio e tempia…per fortuna c’è sempre un angelo custode o chi per lui…
Lo spediamo dal Preside, che ormai è arrivato, e assieme a lui anche gli altri due coinvolti nella rissa e speriamo la faccenda finisca li, in fin dei conti il nostro Dirigente è uno psicologo e di solito è molto bravo nei colloqui con i ragazzi.
Torniamo nelle nostre classi e io ricomincio a spiegare matematica nella pia illusione che tutto sia finito….ma
Questa mattina arrivo a scuola e tutto pare tranquillo, prendo il registro, prendo l’ascensore e salgo al quarto piano, esco dall’ascensore e … da un aula mi chiama un’insegnante e mi comunica che i suoi ragazzi le hanno or ora detto che il fratello di lui questa mattina ha picchiato i due che ieri lo hanno importunato.
Respiro a fondo, ringrazio per l’informazione e mi dirigo a passi da granatiere verso la seconda, dove ho anche lezione, sempre che riesca a farla.
Lui è in classe e quando entro si alza come tutti.
Lo guardo: ha una maglia gialla tutta stropicciata i soliti calzoni sbrindellati ma con un rattoppo aggiunto all’ultimo momento e mi pare di intravedere i punti di una cucitrice che tengono fermo il tutto ed i capelli tutti arruffati, quasi si fosse appena alzato dal letto.
Lo guardo e penso che fare.
Dopo un minuto di silenzio esterno:
- Ma si può sapere cosa ti è saltato in testa di portarti dietro il giustiziere?-
- E’ venuto lui, io gli ho detto quello che mi hanno fatto e lui è venuto -
-Ma non potevi parlare con tua mamma?-
- Mia mamma è sempre via e ho parlato con mio fratello -
Ed ora mi girano i cinque
- Mi fai scema? Non hai il numero del cellulare di tua mamma? Ti ho visto fare conversazioni interminabile se volevi ottenere qualche cosa e ora mi dici che.. non c’è mai?? Sei proprio stupido!! Abbiamo cercato di mettere tutto a posto e tu ti porti dietro il fratello. Vuol dire che chiamerò io tua madre, visto che tu non ritieni opportuno informarla dei tuoi problemi-
- Ma io non gli ho chiesto niente è lui che è venuto-
Non piange, mi guarda dritto negli occhi e mi sfida e io raccolgo la sfida e lo ignoro.
Chiudo l’argomento nella convinzione che per ora le parole non servano.
Inizio finalmente a spiegare matematica. Dopo mezz’ora tutto è tornato normale, lui fa gli esercizi e lavora di buona lena.
Questa sera telefonerò a sua madre.
Sua madre e suo padre fanno parte della gente in vista di questa città, non appartengono al sottoproletariato urbano, sono dei professionisti e anche attenti ai figli ma forse non nel modo giusto, forse sono troppo assorbiti dal lavoro per vedere le nuvole nere che avvolgono le vite dei loro rampolli.
Non so cosa otterrò ma vale la pena tentare.


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mercoledì, novembre 08, 2006

8 novembre: sull’autobus.

Per andare a scuola io prendo la 35……..si, si: LA, femminile, perché in questa città gli autobus sono femminili. Non si sa bene se ciò derivi dalle vecchie filovie, che una volta percorrevano la città, o dalle corriere, che portavano in altipiano, fatto sta che i bus sono femminili.
Per tornare da scuola io prendo la 35.
Quasi tutti i ragazzi che salgono alle 13 e 45 sono alunni della mia scuola e molti sono delle mie classi.
La 35 è un mondo.
Ci sono quelli che salgono con un vassoietto pieno di patatine fritte e relativa maionese, oppure con un panino al Kebab comperato alla fermata, o mangiano la merenda che non sono riusciti a ingurgitare nei brevi intervalli perché i prof. sono andati avanti a spiegare o perché all’intervallo volevano chiacchierare con gli amici e con la bocca piena questo non riesce tanto bene…ma, non stanno andando a casa a pranzo?
La cosa non mi è mai stata chiara.
Immagino quelli la cui la mamma ha apparecchiato la tavola e li attende per pranzo e loro … non hanno fame!!
Colpa della scuola ovviamente, mai verificare di cosa si ingozzano i ragazzini.
Un anno una mamma in un “ricevimento individuale”, tra le altre, mi ha espresso la sua preoccupazione per lo scarso appetito del figlio, forse troppo affaticato dalle ore di lezione. Il ragazzo in questione non era quello che si dice un fuscello e ogni volta che avevo occasione di incontrarlo sulla 35 aveva tra le mani il fatidico vassoietto di patatine e maionese in porzione doppia, una lattina di Coca Cola e alle volte anche un gelato. Ho cercato di spiegarlo alla madre ma non ne ha voluto sentir ragione:
-E’ stanco, ha troppi compiti…-
Vabbè, torniamo ai miei viaggi

Fino a pochi giorni fa faceva un caldo inconsueto per essere ottobre e tutti ci vestivamo in maniera estiva….

Giovedì scorso eravamo tutti accaldati, erano le 13.45 e dopo più di cinque ore di scuola i ragazzi erano veramente stanchi, non altrettanto alcune vecchie signore che popolano i mezzi di trasporto e che spesso non hanno molto da fare se non brontolare su questa gioventù che… “non ha rispetto né decenza”.

Questa volta è toccato a Laura, una ragazzina di seconda che è una roccia: tutti i fine settimana va a sciare e gareggia con buoni risultati, fa anche danza ed è pure brava a scuola ed anche solidale con i compagni. A me piace molto perché è diretta e, se ti deve dire che una cosa non le va, non fa complimenti. Alle volte esagera, ma generalmente si accorge e torna sui suoi passi e a più miti consigli. E’ una che fa venti cose insieme e tu aspetti che sbagli ..invece no, ci riesce, e tra quelle venti cose c’è anche il consolare l’amica, l’aiutare il compagno e alle volte fare il compito dell’ora dopo.
Tu cerchi di prenderla in castagna ma sa sempre ripetere tutto quello che hai detto aggiungendo anche sue osservazioni, e allora le dici che va bene, ma che non è il caso di fare i compiti in classe. Lei ti guarda sconcertata e ti chiede
- Ma perché se riesco a fare tutto, vede, sapevo!? Ieri non sono proprio riuscita a fare l’esercizio di inglese ma se riesco a fare tutto insieme perché si arrabbia??-
Ovviamente ha ragione e io non ci riuscirei mai. Lei si e quindi, dopo il discorso di circostanza, la prego di mettere via tutto e, a ricreazione, nell’ormai famoso corridoio, le dico che gli altri non sono come lei, che la regola deve valere per tutti e che se ha avuto da madre natura il dono di tanta potenza non è il caso che lo strombazzi in giro perché gli altri cercano di imitarla, non ci riescono, vengono “beccati” dalle prof. fuori segno e si sentono scemi.
Questa mia spiegazione le pare molto logica e molto accettabile e mi rassicura che non lo farà più.

Dunque, un attimo fa eravamo sull’autobus e Laura se ne sta seduta con le gambe non perfettamente serrate e le ginocchia non perfettamente strette, porta una minigonna a portafoglio., non troppo mini, ma minigonna. Ha 12 anni.

Ed ecco che la signora accanto a lei inizia a guardarla e a sbuffare. Laura non capisce che cosa voglia quella signora che la guarda con insistenza e che pare proprio sbuffi in sua direzione. La signora continua a sbuffare e poi sbrotta:
- Ma non ti vergogni? Copriti, che ti si vedono le cose intime!! Insomma, un po’ di decenza ! -
Laura non capisce bene cosa voglia la signora però si stringe la gonna sulle gambe e avvicina le ginocchia, ma poi l’autobus frena di botto e lo zaino, che ha in grembo, scivola di lato, trascina la gonna e compare un pezzo di coscia. La signora che non ha niente da fare volge gli occhi al cielo, sbuffa e poi l’apostrofa:
- Ma allora lo fai apposta a far vedere le tue cose? -
Sono seduta relativamente vicino e generalmente evito di interferire con la vita dei miei ragazzi fuori di scuola, ma quando è troppo è troppo.
Laura si è alzata di fretta, è schizzata verso l’uscita ed è scesa dall’autobus due fermate prima della sua. Il mio intervento non serve più.
Il giorno dopo le chiedo come mai abbia reagito in quel modo e lei mi risponde serafica:
- Ma le pare il caso di perdere tempo in discussioni ..? E poi tutti mi avrebbero guardata e si sa che i ragazzi hanno sempre torto. Poi ho visto che lei stava per aiutarmi ma sarebbe successo un gran casino e a me queste cose scocciano, se posso le evito…tanto chi se ne frega di quella….!-

Eccoli qua i ragazzini di oggi, perfettamente autosufficienti anche in saggezza


Ma mica sono tutti così!
Ci sono anche cuccioli fragili e bisognosi di una coccola
Luisa è una di loro: è la quarta di sette fratelli, cicciotella, sempre sorridente e con i vestiti di qualche fratello o sorella che le stanno o troppo larghi o troppo stretti. Quando riesce ad averne uno tutto suo non puoi fare a meno di notarlo perché viene vicino e ti chiede
- Come sto? Bello vero? Me l’hanno regalato per il mio compleanno, mi sta bene vero? Come sono felice è proprio bello! -
Sorride a 180 gradi, gli occhi le brillano, ti guarda in attesa di approvazione roteando nella sua felpa nuova ed è tanto felice che non vedi più che è un po’ sovrappasso, sembra solo morbida morbida.
Oggi Luisa è seduta nel posto in fondo, quello alto e sta tutta arrotolata con il viso girato verso il finestrino. Mi capita di sederle quasi accanto e la guardo, è strana. Poi gira il viso un po’ e vedo degli enormi lacrimoni che rotolano sulle guance mentre tura su con il naso.
Penso a le prime pene d’amore e dentro di me sorrido, ma poi le lacrime si tramutano in singhiozzi e allora le chiedo cosa stia succedendo. Intanto l’autobus è partito, lei si vergogna e mi guarda dubbiosa, ma poi cede
-Oggi operano a Milano mia sorella piccola, quella di un anno, e io ho tanta paura. La mamma e il papà sono andati con lei, ma io non ho capito bene cosa succede, solo che ha un problema strano che solo là sanno risolvere e io ho tanta paura.. e se non torna nessuno?? Come faccio io? Ora devo andare a prendere un fratello all’asilo e uno all’elementare poi mia sorella fa da mangiare ma le altre non mi filano per niente e sono fuori casa e io cosa faccio se non tornano ??-
Ma guarda tu, io pensavo fossero pene d’amore invece questa ragazzina è un cucciolo spaventato e ha bisogno solo di una carezza, di un sorriso e di sdrammatizzare un po’. Chiacchiero con lei, le dico le solite cose, che tutto passerà, che sono momenti difficili, ma poi la ruota della vita continua la sua corsa e tutti tornano ad essere felici. Non ho alba di cosa abbia la sua sorellina, se le cose che dico abbiano un senso, ma sono le cose che lei ha bisogno di sentirsi dire in quel momento.
Ritorna a sorridere. Le scrivo su un pezzo di carta il numero del mio cellulare e glielo metto in mano.
- Se hai bisogno chiamami, se ti ingarbugli mi trovi a questo numero, terrò il telefono sempre acceso.-
Quasi certamente non mi chiamerà, ma quel pezzetto di carta le da fiducia e sorride anche con gli occhi.
Lei è arrivata alla sua fermata e scende.

Per fortuna le cose sul bus non capitano tutte lo stesso giorno, anzi ci sono settimane in cui tutto scorre tranquillo e giorni in cui i ragazzi ne fanno di tutti i colori. La tattica del non intervento paga sempre, ma alle volte ti tirano per i capelli.
Due settimane prima, stessa ora stesso autobus.
Uno di loro, tenendosi per i passamano, stava simulando una passeggiata sui finestrini appoggiandoci sopra i piedi a mo’ di scimmia e gli altri facevano il tifo incitandolo, dopo aver messo tutti gli zaini a terra sotto di lui, casomai cadesse.
L’autobus non era ancora partito, ma tutti i passeggeri li guardavano allibiti.
Non ho saputo resistere: ho lanciato un
- FINISCILA!!-
con la mia orrenda voce da prof. pietrificando il Rambo di turno che non si era accorto della mia presenza e provocando un raccogli raccogli (gli zaini) generale e un silenzio glaciale. Dopo un po’ sono iniziati i risolini e qualcuno ha cominciato a guardarmi e visto che stavo sorridendo hanno ripreso il chiacchierio di sempre.
Per loro io ormai ero svanita: uno dei tanti passeggeri anonimi nell’ora di punta.



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