24 novembre: i pestaggi
Solo due giorni fa ho parlato, in seconda, dell’argomento di cui oggi i media tanto dicono : il bullismo,
La chiacchierata era stata tranquilla, tutti avevano detto che a loro nulla era mai capitato, ma io sapevo che così non era, sapevo che l’anno scorso uno di loro era stato coinvolto in una mini rissa, vicino alla fontana della piazza.
Alla fine dell’anno, quando vanno di moda i gavettoni, lui aveva ecceduto nel tirarli attirandosi le ire di un ragazzino. Il tutto era degenerato in uno spintonamento con calci e facce dure, ma poi era finita lì.
Siccome sapevo ho cercato di farli parlare, raccontando loro di quando ero alle elementari io, in quinta, ed il mio amico del cuore era stato la vittima di un ripetente che lo derideva e prendeva a calci e per tutta il tragitto del ritorno a casa; di quanto io avessi sofferto e di come lui non avesse saputo ribellarsi a queste angherie, ma soprattutto della nostra impossibilità, a quei tempi, di rivolgerci agli adulti.
Se lo avessimo fatto non ci avrebbero capito perché loro non potevano nemmeno concepire che accadessero certe cose.
Avevo quindi detto ai ragazzi della mia classe che, in fondo, loro erano più fortunati di me, perché forse gli adulti li avrebbero potuti aiutare.
A quel punto lui aveva alzato la mano e mi aveva detto:
- Io sono stato vittima di bulletti e però sono stato bullo anche io, perché ho tormentato chi mi tormentava e un po’ picchiato -
Questa sua fiducia mi aveva resa ottimista e, siccome quest’anno studia e fa bene, avevo proprio sperato che la sua strada avesse preso il verso giusto….avevo sperato.
Ieri mattina entro nell’atrio della scuola e trovo un gran trambusto, le bidelle che strillano e un ragazzo alto più di me, che si tiene un siberino sulla faccia. Non capisco cosa diavolo stia succedendo ma poiché nella scuola ci sono ben nove sezioni, evito di impicciarmi come il mio solito, e decido di avviarmi in classe, ma poi mi volto e lo vedo.
E mi casca il mondo.
Ma come di nuovo lui?
Di nuovo coinvolto in una rissa, non è servito a niente quello che ci siamo detti in classe.
Le bidelle lo incalzano una prof. gli strilla che chiamerà il preside, che, come al solito, di buon mattino non c’è.
Lui è piccolo, vestito provocatoriamente con giacca di pelle nera e calzoni sbrindellati. E’ bello: ha due occhi verdi, i capelli castani ed un sorriso leale, ma in quel momento ha il volto devastato dalle lacrime e la bocca, serrata in uno spasmo, sta urlano - Frocio di merda- rivolto all’altro.
Lo tocco e sento che trema, è teso come una corda di violino, trema piange ed insulta. Gli passo un braccio sopra la spalla e gli chiudo la faccia sulla mia giacca sussurrandogli un
- Taci, sta zitto, non peggiorare la situazione! -
Si dibatte alla mia stretta ma è evidente che non se ne vuol liberare.
Le bidelle e l’insegnate continuano a dirgli che "queste cose non si fanno" senza nemmeno considerare che l’altro, il picchiato, è mezzo metro più grande di lui.
Allora lo trascino nell’aula che sta lì accanto e chiudo la porta.
Lui piange e trema e tra i singhiozzi ammette di aver tirato un pugno, ma è stato l’altro a colpire.
- Erano in tanti, mi tenevano e io tiravo calci, poi quello mi ha tirato un pugno e io mi sono liberato e gli sono saltato addosso. Mi provocano ogni giorno, mi deridono per come mi vesto, mi dicono pezzente e che sono sporco e altre cose che non le dico... ma io quelli li frantumo o si… non so come, ma io li riempio di botte..-
Aspetto che tutti salgano e lo faccio salire con me in ascensore e poi, in classe inizia il processo.
Nessuno l’ha visto, ma lui dice che c’erano due della mia prima.
Chiamo la collega e andiamo a sentire la deposizione dei due di prima.
Intanto lui si è calmato, ho dato un esercizio divertente da fare e tutti lavorano sotto lo sguardo vigile del bidello che gentilmente si presta.
I due di prima confermano la versione solo parzialmente, dicono che loro non hanno visto gente che tenesse lui, ma che ogni mattina c’è questa storia che lo prendono in giro. Però, dicono, il primo a tirare il pugno è stato quello alto .
Chiamiamo lui fuori, nell’ ormai noto corridoio e i ragazzi confermano anche davanti a lui la versione. Lui resta un po’ spiazzato dal sentir dire che nessuno lo teneva, ma reagisce subito dicendo di esser stato preso di sorpresa dal pugno altrimenti….
Allora gli solleviamo i capelli e vediamo il bozzo: un bel bozzo tra occhio e tempia…per fortuna c’è sempre un angelo custode o chi per lui…
Lo spediamo dal Preside, che ormai è arrivato, e assieme a lui anche gli altri due coinvolti nella rissa e speriamo la faccenda finisca li, in fin dei conti il nostro Dirigente è uno psicologo e di solito è molto bravo nei colloqui con i ragazzi.
Torniamo nelle nostre classi e io ricomincio a spiegare matematica nella pia illusione che tutto sia finito….ma
Questa mattina arrivo a scuola e tutto pare tranquillo, prendo il registro, prendo l’ascensore e salgo al quarto piano, esco dall’ascensore e … da un aula mi chiama un’insegnante e mi comunica che i suoi ragazzi le hanno or ora detto che il fratello di lui questa mattina ha picchiato i due che ieri lo hanno importunato.
Respiro a fondo, ringrazio per l’informazione e mi dirigo a passi da granatiere verso la seconda, dove ho anche lezione, sempre che riesca a farla.
Lui è in classe e quando entro si alza come tutti.
Lo guardo: ha una maglia gialla tutta stropicciata i soliti calzoni sbrindellati ma con un rattoppo aggiunto all’ultimo momento e mi pare di intravedere i punti di una cucitrice che tengono fermo il tutto ed i capelli tutti arruffati, quasi si fosse appena alzato dal letto.
Lo guardo e penso che fare.
Dopo un minuto di silenzio esterno:
- Ma si può sapere cosa ti è saltato in testa di portarti dietro il giustiziere?-
- E’ venuto lui, io gli ho detto quello che mi hanno fatto e lui è venuto -
-Ma non potevi parlare con tua mamma?-
- Mia mamma è sempre via e ho parlato con mio fratello -
Ed ora mi girano i cinque
- Mi fai scema? Non hai il numero del cellulare di tua mamma? Ti ho visto fare conversazioni interminabile se volevi ottenere qualche cosa e ora mi dici che.. non c’è mai?? Sei proprio stupido!! Abbiamo cercato di mettere tutto a posto e tu ti porti dietro il fratello. Vuol dire che chiamerò io tua madre, visto che tu non ritieni opportuno informarla dei tuoi problemi-
- Ma io non gli ho chiesto niente è lui che è venuto-
Non piange, mi guarda dritto negli occhi e mi sfida e io raccolgo la sfida e lo ignoro.
Chiudo l’argomento nella convinzione che per ora le parole non servano.
Inizio finalmente a spiegare matematica. Dopo mezz’ora tutto è tornato normale, lui fa gli esercizi e lavora di buona lena.
Questa sera telefonerò a sua madre.
Sua madre e suo padre fanno parte della gente in vista di questa città, non appartengono al sottoproletariato urbano, sono dei professionisti e anche attenti ai figli ma forse non nel modo giusto, forse sono troppo assorbiti dal lavoro per vedere le nuvole nere che avvolgono le vite dei loro rampolli.
Non so cosa otterrò ma vale la pena tentare.
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Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.
La chiacchierata era stata tranquilla, tutti avevano detto che a loro nulla era mai capitato, ma io sapevo che così non era, sapevo che l’anno scorso uno di loro era stato coinvolto in una mini rissa, vicino alla fontana della piazza.
Alla fine dell’anno, quando vanno di moda i gavettoni, lui aveva ecceduto nel tirarli attirandosi le ire di un ragazzino. Il tutto era degenerato in uno spintonamento con calci e facce dure, ma poi era finita lì.
Siccome sapevo ho cercato di farli parlare, raccontando loro di quando ero alle elementari io, in quinta, ed il mio amico del cuore era stato la vittima di un ripetente che lo derideva e prendeva a calci e per tutta il tragitto del ritorno a casa; di quanto io avessi sofferto e di come lui non avesse saputo ribellarsi a queste angherie, ma soprattutto della nostra impossibilità, a quei tempi, di rivolgerci agli adulti.
Se lo avessimo fatto non ci avrebbero capito perché loro non potevano nemmeno concepire che accadessero certe cose.
Avevo quindi detto ai ragazzi della mia classe che, in fondo, loro erano più fortunati di me, perché forse gli adulti li avrebbero potuti aiutare.
A quel punto lui aveva alzato la mano e mi aveva detto:
- Io sono stato vittima di bulletti e però sono stato bullo anche io, perché ho tormentato chi mi tormentava e un po’ picchiato -
Questa sua fiducia mi aveva resa ottimista e, siccome quest’anno studia e fa bene, avevo proprio sperato che la sua strada avesse preso il verso giusto….avevo sperato.
Ieri mattina entro nell’atrio della scuola e trovo un gran trambusto, le bidelle che strillano e un ragazzo alto più di me, che si tiene un siberino sulla faccia. Non capisco cosa diavolo stia succedendo ma poiché nella scuola ci sono ben nove sezioni, evito di impicciarmi come il mio solito, e decido di avviarmi in classe, ma poi mi volto e lo vedo.
E mi casca il mondo.
Ma come di nuovo lui?
Di nuovo coinvolto in una rissa, non è servito a niente quello che ci siamo detti in classe.
Le bidelle lo incalzano una prof. gli strilla che chiamerà il preside, che, come al solito, di buon mattino non c’è.
Lui è piccolo, vestito provocatoriamente con giacca di pelle nera e calzoni sbrindellati. E’ bello: ha due occhi verdi, i capelli castani ed un sorriso leale, ma in quel momento ha il volto devastato dalle lacrime e la bocca, serrata in uno spasmo, sta urlano - Frocio di merda- rivolto all’altro.
Lo tocco e sento che trema, è teso come una corda di violino, trema piange ed insulta. Gli passo un braccio sopra la spalla e gli chiudo la faccia sulla mia giacca sussurrandogli un
- Taci, sta zitto, non peggiorare la situazione! -
Si dibatte alla mia stretta ma è evidente che non se ne vuol liberare.
Le bidelle e l’insegnate continuano a dirgli che "queste cose non si fanno" senza nemmeno considerare che l’altro, il picchiato, è mezzo metro più grande di lui.
Allora lo trascino nell’aula che sta lì accanto e chiudo la porta.
Lui piange e trema e tra i singhiozzi ammette di aver tirato un pugno, ma è stato l’altro a colpire.
- Erano in tanti, mi tenevano e io tiravo calci, poi quello mi ha tirato un pugno e io mi sono liberato e gli sono saltato addosso. Mi provocano ogni giorno, mi deridono per come mi vesto, mi dicono pezzente e che sono sporco e altre cose che non le dico... ma io quelli li frantumo o si… non so come, ma io li riempio di botte..-
Aspetto che tutti salgano e lo faccio salire con me in ascensore e poi, in classe inizia il processo.
Nessuno l’ha visto, ma lui dice che c’erano due della mia prima.
Chiamo la collega e andiamo a sentire la deposizione dei due di prima.
Intanto lui si è calmato, ho dato un esercizio divertente da fare e tutti lavorano sotto lo sguardo vigile del bidello che gentilmente si presta.
I due di prima confermano la versione solo parzialmente, dicono che loro non hanno visto gente che tenesse lui, ma che ogni mattina c’è questa storia che lo prendono in giro. Però, dicono, il primo a tirare il pugno è stato quello alto .
Chiamiamo lui fuori, nell’ ormai noto corridoio e i ragazzi confermano anche davanti a lui la versione. Lui resta un po’ spiazzato dal sentir dire che nessuno lo teneva, ma reagisce subito dicendo di esser stato preso di sorpresa dal pugno altrimenti….
Allora gli solleviamo i capelli e vediamo il bozzo: un bel bozzo tra occhio e tempia…per fortuna c’è sempre un angelo custode o chi per lui…
Lo spediamo dal Preside, che ormai è arrivato, e assieme a lui anche gli altri due coinvolti nella rissa e speriamo la faccenda finisca li, in fin dei conti il nostro Dirigente è uno psicologo e di solito è molto bravo nei colloqui con i ragazzi.
Torniamo nelle nostre classi e io ricomincio a spiegare matematica nella pia illusione che tutto sia finito….ma
Questa mattina arrivo a scuola e tutto pare tranquillo, prendo il registro, prendo l’ascensore e salgo al quarto piano, esco dall’ascensore e … da un aula mi chiama un’insegnante e mi comunica che i suoi ragazzi le hanno or ora detto che il fratello di lui questa mattina ha picchiato i due che ieri lo hanno importunato.
Respiro a fondo, ringrazio per l’informazione e mi dirigo a passi da granatiere verso la seconda, dove ho anche lezione, sempre che riesca a farla.
Lui è in classe e quando entro si alza come tutti.
Lo guardo: ha una maglia gialla tutta stropicciata i soliti calzoni sbrindellati ma con un rattoppo aggiunto all’ultimo momento e mi pare di intravedere i punti di una cucitrice che tengono fermo il tutto ed i capelli tutti arruffati, quasi si fosse appena alzato dal letto.
Lo guardo e penso che fare.
Dopo un minuto di silenzio esterno:
- Ma si può sapere cosa ti è saltato in testa di portarti dietro il giustiziere?-
- E’ venuto lui, io gli ho detto quello che mi hanno fatto e lui è venuto -
-Ma non potevi parlare con tua mamma?-
- Mia mamma è sempre via e ho parlato con mio fratello -
Ed ora mi girano i cinque
- Mi fai scema? Non hai il numero del cellulare di tua mamma? Ti ho visto fare conversazioni interminabile se volevi ottenere qualche cosa e ora mi dici che.. non c’è mai?? Sei proprio stupido!! Abbiamo cercato di mettere tutto a posto e tu ti porti dietro il fratello. Vuol dire che chiamerò io tua madre, visto che tu non ritieni opportuno informarla dei tuoi problemi-
- Ma io non gli ho chiesto niente è lui che è venuto-
Non piange, mi guarda dritto negli occhi e mi sfida e io raccolgo la sfida e lo ignoro.
Chiudo l’argomento nella convinzione che per ora le parole non servano.
Inizio finalmente a spiegare matematica. Dopo mezz’ora tutto è tornato normale, lui fa gli esercizi e lavora di buona lena.
Questa sera telefonerò a sua madre.
Sua madre e suo padre fanno parte della gente in vista di questa città, non appartengono al sottoproletariato urbano, sono dei professionisti e anche attenti ai figli ma forse non nel modo giusto, forse sono troppo assorbiti dal lavoro per vedere le nuvole nere che avvolgono le vite dei loro rampolli.
Non so cosa otterrò ma vale la pena tentare.
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