15 ottobre 2008 lo zero e i voti
E’ un periodo difficile, travolti come siamo da riforme, controriforme, decisioni per decreto su come deve andare la scuola, senza norme applicative, non si capisce più niente.
Ora siamo tornati ai voti.
Questa è forse l’unica cosa che posso condividere della controriforma, ma non posso condividere il metodo.
Ma tanto a chi interessa cosa penso io, insegnante innamorata della scuola, dei ragazzi, dalla meravigliosa possibilità che ho di trasmettere conoscenza.
L’altro giorno mi sono divertita con loro a parlare dei numeri, di quando sono nati, di come sono nati e abbiamo scoperto che lo zero lo conoscevano i babilonesi dell’era pre cristiana, ma che solo gli indiani, nel sesto secolo dopo Cristo ne descrissero il completo significato e che quel significato completo, assieme alla scrittura con le cifre nel sistema decimale posizionale è arrivato in Europa solo con il “Liber abaci” di Fibonacci del 1200 e poi ci sono voluti quasi due secoli perché si diffondesse, essendo la capacità di fare i calcoli con i numeri romani rarissima e fonte di potere.
I calcoli venivano fatti con dei sassetti, da cui la parola calculo e calcolo.
Poi, con l’introduzione delle cifre indo-arabe si poterono fare le operazioni con la penna e la carta, la splendida carta che arrivava dalla Cina.
Intanto Guttenberg inventava la stampa a caratteri mobili ed il mondo cambiava, il potere della conoscenza passava di mano, dai nobili e dai religiosi ai mercanti e si gettavano le basi per una conoscenza diffusa del saper leggere e far di conto, ma la resistenza dei potenti era forte e riuscirono a rallentare per secoli lo sviluppo dei saperi che esplose solo nel Rinascimento.
Tutta questa collocazione storica della matematica li affascina: quando abbiamo letto che il simbolo dell’uguale è stato letteralmente inventato da un certo signor Recorde nel 1550 o giù di lì perché si era scocciato di scrivere sempre aequalis e allora cosa di meglio di due segmenti paralleli per indicare l’uguaglianza, a loro è parso che la matematica acquistasse un senso, ne hanno intravisto l’evoluzione e le radici.
E non è cosa da poco convincerli che non è "così e basta", che se si cambiano le regole iniziali anche la matematica cambia.
Ordunque, nella prima ho fatto le foto e le ho pubblicate, poi le ho anche appiccicate sul registro.
Quando ho chiesto chi le avesse viste quasi tutti hanno alzato la mano, ma dalle domande che mi hanno fatto è risultato subito che usano l’Internet ed in pc come una scatola magica e che procedono per tentativi ed errori. Prima o poi ci riescono, ma sarà meglio che insegni loro come orientarsi sulla rete.
Tra i ragazzi ce ne è uno che pare sempre sognare, perennemente distratto, non riesce a seguire il ritmo della classe me se gli chiedi qualche cosa direttamente spesso sa risponderti ed ampliare l’argomento, altre volte pere non capire nemmeno cosa gli stai chiedendo. Scrive in un modo terribile, senza spazi tutto uguale e il suo diario è scritto fitto fitto a caratteri grandi come se avesse disegnati centinaia e migliaia di lettere che per lui hanno poco senso.
Ieri la madre ha portato la certificazione di dislessia e disgrafia…dirlo prima no??
Quindi questa prima parte con un dislessico/disgrafico, una ragazzina spacciata per dislessica ma che pare abbia un ritardo nell’apprendimento, un ragazzino affetto da nanismo e una ragazzina rumena che è da poco in Italia che non capisce cosa le chiedi ma che sua mamma dice: - Nooo.. mia figlia italiano molto bene parla!!-
Sostegno: chiesto ma non ottenuto ancora e forse mai.
La scuola ti mette sempre in croce: che fai, lavori con i bravi e lasci perdere chi non ti segue, fai un insegnamento differenziato ma con 23 è un po’ difficile e poi comunque da sola non riesci a seguirli tutti, abbandoni quelli che sono in difficoltà?
A me prende spesso un gran rimorso di coscienza e comunque, qualunque cosa faccia sbaglio: anche non stimolare i dotati ed i volonteros,i che alle volte vengono da famiglie disagiate e che nella e con la scuola ricercano un riscatto sociale, è sbagliato, ma anche abbandonare gli altri e così sei perennemente in crisi e reciti a soggetto a seconda degli umori della classe in quel giorno.
Alle volte i “bravi “ si dimostrano disponibili a lavorare in gruppo e così, facendo un lavoro comune tutti percorrono la stessa strada, chi prima chi poi, ma altre volte si infastidisco perché sono anche persone che, per i fatti loro, quel giorno non sono ben disposte a rallentarsi per stare al passo del più lento e tu non puoi forzare perché diventa un’imposizione e non un atteggiamento solidale…quindi cambi argomento sperando in domani.
Domani vedremo
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Copyright © La_prof. Mity 2006-2012

Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.
Ora siamo tornati ai voti.
Questa è forse l’unica cosa che posso condividere della controriforma, ma non posso condividere il metodo.
Ma tanto a chi interessa cosa penso io, insegnante innamorata della scuola, dei ragazzi, dalla meravigliosa possibilità che ho di trasmettere conoscenza.
L’altro giorno mi sono divertita con loro a parlare dei numeri, di quando sono nati, di come sono nati e abbiamo scoperto che lo zero lo conoscevano i babilonesi dell’era pre cristiana, ma che solo gli indiani, nel sesto secolo dopo Cristo ne descrissero il completo significato e che quel significato completo, assieme alla scrittura con le cifre nel sistema decimale posizionale è arrivato in Europa solo con il “Liber abaci” di Fibonacci del 1200 e poi ci sono voluti quasi due secoli perché si diffondesse, essendo la capacità di fare i calcoli con i numeri romani rarissima e fonte di potere.
I calcoli venivano fatti con dei sassetti, da cui la parola calculo e calcolo.
Poi, con l’introduzione delle cifre indo-arabe si poterono fare le operazioni con la penna e la carta, la splendida carta che arrivava dalla Cina.
Intanto Guttenberg inventava la stampa a caratteri mobili ed il mondo cambiava, il potere della conoscenza passava di mano, dai nobili e dai religiosi ai mercanti e si gettavano le basi per una conoscenza diffusa del saper leggere e far di conto, ma la resistenza dei potenti era forte e riuscirono a rallentare per secoli lo sviluppo dei saperi che esplose solo nel Rinascimento.
Tutta questa collocazione storica della matematica li affascina: quando abbiamo letto che il simbolo dell’uguale è stato letteralmente inventato da un certo signor Recorde nel 1550 o giù di lì perché si era scocciato di scrivere sempre aequalis e allora cosa di meglio di due segmenti paralleli per indicare l’uguaglianza, a loro è parso che la matematica acquistasse un senso, ne hanno intravisto l’evoluzione e le radici.
E non è cosa da poco convincerli che non è "così e basta", che se si cambiano le regole iniziali anche la matematica cambia.
Ordunque, nella prima ho fatto le foto e le ho pubblicate, poi le ho anche appiccicate sul registro.
Quando ho chiesto chi le avesse viste quasi tutti hanno alzato la mano, ma dalle domande che mi hanno fatto è risultato subito che usano l’Internet ed in pc come una scatola magica e che procedono per tentativi ed errori. Prima o poi ci riescono, ma sarà meglio che insegni loro come orientarsi sulla rete.
Tra i ragazzi ce ne è uno che pare sempre sognare, perennemente distratto, non riesce a seguire il ritmo della classe me se gli chiedi qualche cosa direttamente spesso sa risponderti ed ampliare l’argomento, altre volte pere non capire nemmeno cosa gli stai chiedendo. Scrive in un modo terribile, senza spazi tutto uguale e il suo diario è scritto fitto fitto a caratteri grandi come se avesse disegnati centinaia e migliaia di lettere che per lui hanno poco senso.
Ieri la madre ha portato la certificazione di dislessia e disgrafia…dirlo prima no??
Quindi questa prima parte con un dislessico/disgrafico, una ragazzina spacciata per dislessica ma che pare abbia un ritardo nell’apprendimento, un ragazzino affetto da nanismo e una ragazzina rumena che è da poco in Italia che non capisce cosa le chiedi ma che sua mamma dice: - Nooo.. mia figlia italiano molto bene parla!!-
Sostegno: chiesto ma non ottenuto ancora e forse mai.
La scuola ti mette sempre in croce: che fai, lavori con i bravi e lasci perdere chi non ti segue, fai un insegnamento differenziato ma con 23 è un po’ difficile e poi comunque da sola non riesci a seguirli tutti, abbandoni quelli che sono in difficoltà?
A me prende spesso un gran rimorso di coscienza e comunque, qualunque cosa faccia sbaglio: anche non stimolare i dotati ed i volonteros,i che alle volte vengono da famiglie disagiate e che nella e con la scuola ricercano un riscatto sociale, è sbagliato, ma anche abbandonare gli altri e così sei perennemente in crisi e reciti a soggetto a seconda degli umori della classe in quel giorno.
Alle volte i “bravi “ si dimostrano disponibili a lavorare in gruppo e così, facendo un lavoro comune tutti percorrono la stessa strada, chi prima chi poi, ma altre volte si infastidisco perché sono anche persone che, per i fatti loro, quel giorno non sono ben disposte a rallentarsi per stare al passo del più lento e tu non puoi forzare perché diventa un’imposizione e non un atteggiamento solidale…quindi cambi argomento sperando in domani.
Domani vedremo
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