mercoledì, febbraio 29, 2012

Dividere a metà

Oggi ho provato ad insegnare come si fa la metà di un numero e che fare la metà significa divider per due.
Ho provato ad insegnarlo ad Igor.
Igor ha dodici anni, frequenta una prima media ed è un profugo della exYugoslavia. E' in Italia grazie ad un progetto europeo di protezione famigliare (e altro non si sa), ma è in Italia da tre anni e la guerra è finita nel '95.
I conti non tornano, ma con lui nulla torna.

Pare un animaletto selvatico e non conosce regola alcuna della comune convivenza. Parla un italiano approssimativo con cui si fa capire bene dai compagni, loro lo sopportano con affetto, ma lo sopportano.
Nei primi mesi di scuola ha distrutto tutti i suoi quaderni per fare palle di carta da lanciare in classe, poi, dopo la mia ennesima mia sfuriata, è sceso a più miti consigli e ha trascorso ore a tagliare i fogli dei suoi quaderni in rettangolini che poi tirava verso i compagni con un elastico, per fortuna mancandoli regolarmente. O forse non era fortuna? Spesso aveva atteggiamenti provocatori: si alzava ed andava in giro per la classe, gattonava tra i banchi, faceva agguati ai compagni per far loro dispetti e si offendeva teatralmente se veniva rimproverato, negando l'evidenza.
Ogni tanto cantava.
Tutto questo avrebbe potuto essere una posa, una sfida.
Se avessi saputo di più forse sarei riuscita a decodificare alcuni comportamenti.
Ma di lui non si sapeva niente.

Il padre aveva rifiutato quasi ogni spiegazione ed ogni aiuto: aveva rifiutato il doposcuola e lo psicologo affermando che suo figlio non era matto e che lui gli avrebbe insegnato i conti e l'italiano.
Spesso, nelle ore di buco, ho cercato di parlare con Igor per capire che scuole avesse frequentato nella sua terra, ma senza successo. Le sue affermazioni erano contrastanti con quelle del padre che diceva avesse frequentato regolarmente, mentre lui affermava di avere ricordi confusi e di aver frequentato molto poco.
Con Igor dovevo prendere sempre il discorso alla larga, su cose piccole, i prati, l'erba, i giochi. Appena si accorgeva che riuscivo a raccogliere qualche informazione su di lui si trincerava su un: non mi ricordo.
Non mi ricordo dove sono andato a scuola
Non mi ricordo che classi ho fatto
Non ricordo dove abitavo
Non ricordo se avevo amici.
La sua vita pare iniziare tre anni fa, del prima non si riusciva a sapere nulla.

Igor non sa le cose più elementari, non sa fare una semplice sottrazione a due cifre, non conosce le tabelline, ma ciò che è peggio non è ,per ora, in grado di elaborare sistemi di calcolo alternativi che gli consentano di inserirsi nella società civile.
Ho portato con me banconote di tutte le pezzature, ma non sapeva, con le banconote in mano, calcolare un resto.
-Se tu hai 50€ e devi pagare una pizza che costa 7€, quanto ti daranno di resto? -
Nulla, nulla e nulla!
Non era in grado di capire cosa io gli stessi chiedendo.
Nella sua testa c'erano ( e ci sono ancora ) mucchietti di nozioni diligentemente accatastate, ma non sa costruirsi un link, non sa elaborare un procedimento da poter estendere in situazioni simili e per disperazione, davanti alle continue sconfitte, dimentica tutto.
Non è che finge di dimenticare!
Dimentica!

In classe è ingestibile, l'unico mezzo che con lui funziona è quello fisico: spesso l'ho strattonato per farlo smettere, per farmi ascoltare e poi gli ho sorriso e l'ho accarezzato per fargli capire che ero con lui. Lui ogni volta, dopo queste mie performance, mi ha guardata dritto negli occhi e mi ha sorriso. Lui ha capito che stavo cercando di comunicare e mi ha detto: “non lo faccio più”.
Poi l'ha rifatto, ma sempre più raramente.
Con lui ho recitato e recito a soggetto, perché tutte le regole imparate ai mille corsi di aggiornamento non servono.
Igor non è alfabetizzato nella sua lingua madre, non ha stimoli famigliari, non esce quasi mai di casa.
Igor è come un bambino di cinque anni e ne ha 12.
MA !! io voglio portarlo a sciare in settimana bianca.

Dopo migliaia di telefonate e contatti sono riuscita a trovare un'associazione disponibile ad aiutarmi economicamente, o meglio, ad aiutarlo.
Sebbene il padre non ne volesse sapere di questa avventura montana, di una uscita dal bozzolo famigliare in cui è stato sempre tenuto e in cui è stato deprivato di moltissime conoscenze, ho forzato in tutti i modi. Alla fine ho portato a scuola la tuta da sci e i guanti di mio figlio, i doposci della figlia di un'amica e glieli ho dati.
-Non è che mi freghi vero? Non è che io mi rompo in quattro per farti venire in settimana bianca e tu dici che non vuoi?-
Di nuovo ho incontrato il suo sguardo, il suo sorriso incerto, e mi ha detto:
-Io non so stare con sci-
-Metà dei tuoi compagni non sanno sciare-
-Allora prometto, non frego!-
E così il padre ha ceduto.
E così lui è partito, con tutta la sua classe.

Dalle colleghe mi è stato detto che andavo a cercarmi guai, che era ingestibile, che l'avrei rimandato a casa dopo il primo giorno. Ma lui è stato bravo: dopo i primi disastrosi pranzi ha imparato a stare a tavola, copiando dai compagni. Ogni volta che faceva qualche cosa che pensava “non consono” cercava il mio sguardo ( da tre tavoli di distanza) e se io ero rabbuiata cambiava tattica, finché trovava la strada giusta. Non ha fatto confusione, non si è inimicato i compagni e ha imparato a sciare.
Il suo modo di rapportarsi con la calasse è cambiato ed ora, che la vita quotidiana di aula è ricominciata, è tutto più soft.
Mi ha detto che è stato molto bene in montagna e che vuole tornarci ancora.
Ora riesco a parlare con lui e a farlo lavorare in classe, per brevi periodi, ma ci riesco.
Ho dovuto calare sempre più il livello delle schede di lavoro preparate per lui, ora siamo alla divisione per due, siamo all'inizio della scuola, ma pare curioso.
Ogni volta che posso lo tiro fuori dalla classe per venti minuti: per lui sono il massimo possibile dell'attenzione.
Oggi ho, per l'ennesima volta, cercato di spiegargli il concetto del dividere.
Ho lavorato con i regoli e alla fine ha capito che i mucchietti dovevano essere uguali affinché il risultato fosse giusto. E' riuscito anche a capire il concetto graficamente. Era contento di non aver, per l'ennesima volta, fallito e, con il suo tipico modo di cambiare repentinamente argomento, mi ha detto:
- dopo provo scrivere sul blog di classe.-
Lo farà?
Forse oggi no.
Ma l'intenzione c'è ed è un risultato che fa ben sperare.
Mi fa sperare che, in qualche modo, riuscirò ad insegnarli alcuni concetti fondamentali per la sopravvivenza urbana.

------------------------
Copyright © La_prof. Mity 2006-2012

Licenza Creative Commons

Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

domenica, maggio 02, 2010

Oggi si mettono i voti.

Oggi è il giorno dei voti su è stato quanto prodotto il laboratorio di informatica usando l’UCBLogo6. (vedi post precedente).
I voti saranno concordati, ma pur sempre voti sono.

Tutti si stanno preparando a mostrare a tutti i propri prodotti finiti, costruiti con le procedure del Logo grazie alle quali hanno imparato a destreggiarsi tra figure geometriche, variabili, procedure ricorsive, utilizzando un vero linguaggio di programmazione.
E’ una seconda, una classe effervescente in cui LUI, che ripete, ha sempre cercato di mimetizzarsi e nascondersi. Si arrangia in matematica, boccheggia nelle altre materie, partecipa passivamente alle discussioni ed ai lavori di classe ma, e soprattutto, guarda sempre a terra.

L’ho osservato sul computer e all’inizio credevo si fosse imboscato, fingendo di far cose senza produrre granché. Lo vedevo digitare frettolosamente e poi spostarsi di banco, parlottare e poi tornare alla sua postazione. Credevo mi stesse imbrogliando. L’accordo era che, fino alle ultime lezioni, si sarebbero gestiti da soli, che mi avrebbero chiamato se avessero avuto bisogno e molti ne avevano, quindi ero impegnatissima.
LUI non chiedeva mai niente
Io non resistevo, non riuscivo a girare al largo da lui e di soppiatto guardavo: sul suo monitor le procedure nascevano veloci e presto venivano rimpiazzate da altre e poi via a parlottare con i compagni.
LUI, prima, in quella classe contava poco, ma ora vedevo che lo cercavano.

Ho guardato le sue dita scivolare veloci sulla tastiera, l’ho visto usare tutti i comandi di richiamo utili per lavorare da riga di comando e gli ho chiesto se chattase molto.
-Si !- mi ha risposto, ma sorrideva e mi guardava negli occhi perché intuiva che io apprezzavo le sue abilità.

E poi è venuto il giorno dei voti.

Mi ha fatto veder quanto prodotto muovendosi tra variabili e procedure con la velocità del fulmine, tanto che io non riuscivo a stargli dietro. Si è rallentato per il piacere di farmi vedere il suo lavoro e mentre lavorava sorrideva.
Alla fine mi ha detto:
- Ecco! È tutto qui!-
Ha alzato il viso e mi ha guardata di nuovo in faccia, quasi con complicità, sorridendo. Io non avevo quasi mai, prima di allora, incrociato il suo sguardo e, quando ciò era accaduto, era stata soltanto un’occhiata fugace e timorosa.
Ora mi guardava da pari e si sentiva pari e sapeva che io lo consideravo pari.
Mi stavo commuovendo ..e non si può, bisogna contenere queste emozioni a scuola.
Sono passata a valutare il compagno a fianco, il più bravo della classe, che se ne è uscito con un:
-Nooooo.. dopo di lui non vale..faccio brutta figura!-

LUI, quello che si mimetizzava e che si nascondeva è diventato il leader della giornata e delle giornate a venire, ha rialzato lo sguardo, e mi ha promesso che si sarebbe messo a studiare scienze: - Adesso non posso deluderla!- mi ha sussurrato.

Ecco qua, tutte queste competenze acquisite fuori, in nottate trascorse a chattare, ad installare e disinstallare programmi, a perdersi nel peer-to-peer solo per il piacere di veder cosa accadeva, a tentare di forzare il suo sistema da riga di comando, hanno trovato uno sbocco in quella scuola che lui non ama molto, ma in cui ora ha delle cose da condividere.


------------------------
Copyright © La_prof. Mity 2006-2012

Licenza Creative Commons

Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

giovedì, aprile 15, 2010

Il fascino della riga di comando

All’inizio erano proprio restii, che è dir poco..anzi pensavano che l’ipotesi di lavoro fosse una mia fissazione e ne abbiamo discusso a lungo prima di iniziare.
La proposta era che quest’anno, dopo aver lavorato lo scorso anno con i servizi di Google, aver imparato gli elementi minimi dell’html e di aver costruito e partecipato attivamente ad un pluriblog, dopo aver imparato ad utilizzare la LIM era giunto il tempo di muoversi in un ambiente di programmazione.

E così ho proposto il Logo, non il Windows logo, ma l’UCBLOGO; quello che gestisce le riposte grafiche con finestra nera e le istruzioni da riga di comando.
Il Logo è un potentissimo linguaggio di programmazione con una grafica nativa che viene utilizzata per una accesso amichevole alla programmazione modulare.
Noi siamo in una seconda media e non possiamo pensare di cimentarci con studi di spazi pluridimensionali o curvi, per cui ci limitiamo ( momentaneamente) al piano bidimensionale, sebbene stia meditando, visto il successo, di portarli a lavorare anche in tre dimensioni.
Appena ho lanciato in classe la proposta, che solo teoricamente era tale, perché per poterla attuare avevo dovuto presentare per tempo una programmazione integrativa al curricolo di istituto, mi hanno chiesto a cosa servisse.
Ho detto che serviva per costruirsi mondi virtuali, ad esempio, costruire una sedia e con quella una fila di sedie e poi una platea: la reazione è stata pessima:
-Ma è una perdita di tempo non abbiamo già Paint, Psp e Gimp per fare grafica-
- Non è grafica è la parte grafica di una programmazione modulare-
- Non ci interessa…..

Essendo io un essere umano sono ricorsa all’autorità che mi deriva dal ruolo che copro, soprattutto perché volevo vedere cosa sarebbe successo, ovvero se davvero mi sarei trovato di fronte ad un clamoroso fallimento o se le cose sarebbero andate meglio
- Vabbè dovete farla e basta, ormai l’ho messa nella programmazione e almeno tentiamo!-
Ho preparato una dispensa e l’ho distribuita.
L’ora che utilizziamo in laboratorio è la sesta ora della giornata e sono tutti molto stanchi, me compresa
Per questo ho spiegato cosa fosse la modularità in classe, in ore migliori, facendo anche delle simulazioni, ho spiegato i comandi elementari, cosa sono le procedure ed ho ficcato loro in mano la dispensa.

Abbiamo iniziato ed ho rispiegato i concetti base con il videoproiettore …poi li ho persi, anzi loro si sono persi, nell’affascinante mondo di uno schermo nero a righe di comando.
Se sbagli devi tornare indietro ed editare la procedura, ma se riesci la tartaruga disegna quello che tu le hai insegnato ed ogni procedura che hai definito è utilizzabile per altre…e tutti provano…dopo poche lezioni c’è già chi è arrivato a costruire tutti i poligoni introducendo anche le variabili e chi ancora si affanna a costruire il suo quadrato, ma tutti lavorano, da soli e con dispensa alla mano.

Oggi ho, dopo otto lezioni, spiegato le procedure ricorsive e l’introduzione dell’ if e dello stop…dopo venti (VENTI ) minuti più di metà classe aveva definito una procedura ricorsive, verificato che questa andava avanti all’infinito e quindi introdotto i comandi if e stop.
Questi ragazzi sono incredibilmente veloci ed alcuni stanno già utilizzando procedure con variabili, ricorsive e non, per costruire procedure di livello superiore e realizzare il loro progetto…una collana, una faccia che ride, una serie di case a tunnel, ma tutti hanno imparato a programmare modularmente tra urla e applausi: nel caos creativo chi riusciva spiegava all’altro e alla fine, quando la campanella ha suonato oggi, ma anche ieri, non volevano andarsene..alle due di pomerriggio…e due ragazzi, i più bravi mi hanno detto:
-Prof…ma qua bisogna guardare i manuali, non basta cliccare…e però che soddisfazione quando otteniamo quello che vogliamo noi! Ora lo scaricheremo dal sito della scuola perché vogliamo scoprire altre procedure ed inventarcene nostre a casa..e mamma e papà non capiranno un tubo-
E gli altri:
-Prof…ma che facinoso con lo schermo nero, pare di parlare proprio con il computer
-Prof… ma stiamo programmando!
-Prof…ma è bellissimo!

Questi ragazzi per nascita sono nativi digitali, i ragazzi del clicca e vai, gli homozapping, i multitasking , questi ragazzi davanti ad uno schermo nero ed al rigore richiesto per impartire istruzioni da riga di comando, istruzioni che devono essere coerenti logiche e modulari, questi ragazzi restano incantati.

giovedì, aprile 01, 2010

Le sequoie e Gesù

Sono depressa!
Quando vedi come sono andate le elezioni ti prende lo scoramento: tutto il nord alla destra e passi la destra, ma stravince Lega Nord all’inno del via i diversi, gli extracomunitari sono brutti e puzzano, c’è un unico dio e a chi non va bene se ne vada, seguiti a ruota dai berlusconiani che inneggiano a valori ormai divenuti patrimonio nazionale del “ del frega tu che frego anch’io” ma con amore.
Mi ritrovo patetica a rimpiangere la vecchia DC, quando l’onestà, anche se non sempre praticata da tutti, era un valore e l’avversario non era il nemico ed andava rispettato.
Sto stretta in questa Italia fatta da furbetti saccenti, in cui la cultura non è un valore, in cui il contado, quello che ormai ha perso i propri valori territoriali di riferimento, sta iniziando la rivolta contro la cultura delle metropoli. Sto stretta, sto male e sto anche pensando di andarmene da questa Italia in cui il peggio deve ancora arrivare.

E poi entro in classe e scopro che la tolleranza, la disponibilità, l’accettazione dell’altro a 11 anni sono ancora dentro l’animo dei ragazzi, basta ragionare con loro. E allora dove e quando avviene la mutazione? Dove e quando cominciano a diventare acritici ed ad utilizzare un lessico composto più da parolacce che da contenuti e se togli le parolacce ( come disse Paolini delle bestemmie) la frase non esiste più?
Io li leggo su Facebook i miei ex ragazzi, ora alle superiori: in due o tre anni subiscono impensabili metamorfosi, iniziano ad usare un gergo di riconoscimento sguaiato, ma questo sarebbe il meno, cominciano ad accettare dati falsi in maniera acritica e a far propri concetti che anni prima facevano loro orrore.
Rimane solo un forma di interesse pietoso nei confronti degli animali maltrattai..ma la politica no, i partiti fanno tutti schifo e chi non è d’accordo con me se ne vada, non rompa sul mio profilo e se ne vada anche dalla mia città..
Per fortuna non tutti, ma tanti, troppi.
Dei pochi che non sono branco, ma gruppo, scriverò un’altra volta.

Per ora respiro aria di solidarietà ed amicizia entrando in classe.

L’altro giorno si parlava di piante e della distinzione tra piante ed alberi, se fosse lecita o meno e siamo arrivati a parlare delle sequoie. Sono alberi antichissimi, il più antico risale ad oltre 2200 anni fa, cioè a che anno avanti cristo?
E qui mi sono fermata ed ho chiesto..
- Ma sapete che questo calendario è del mondo occidentale, che altrove calcolano l’anno zero a seconda dell’evento particolare che prendono come punto di riferimento e spesso riguarda un loro profeta, che non si sa mai se fosse uno o tanti.
- Come uno o tanti ??-
- Si dice avanti cristo facendo riferimento all’ipotetica natalità di Gesù, ma a quei tempi pare che il nome Gesù fosse molto diffuso per cui molti storici pensano che la figura di Gesù sia una leggenda che attribuisce a lui, amplificandoli, eventi straordinari che accaddero in quei tempi ma che furono compiuti da persone diverse.-

Sicuramente non era quello che molti si aspettavano io dicessi in quel momento ed un ragazzo, che non è cattolico, si è alzato di botto dicendo:

- Ma allora mi imbrogliano, il libro di storia dice che Gesù è veramente esistito.-

- Tu non sei cattolico ma vivi in una nazione pervasa dal cattolicesimo e con questa impostazione deve farci i conti. Ti capisco benissimo perché i miei figli hanno patito molto a scuola per non essere nemmeno battezzati ed ogni volta che sollevavano obiezioni come la tua venivano zittiti dai professori.
Secondo me hai ragione tu, ma devi abituarti a trovare sulla tua strada sempre problemi simili a questo.-

- Ma come - salta su la compagna di banco - è dimostrato che Gesù è esistito c’è anche la sacra sindone!

Ho rinunciato a spiegarle che la datazione ha dimostrato che l’immagine risalirebbe al medioevo, le ho chiesto però se sentiva la necessità di aver conferme scientifiche sull’esistenza di dio e di Gesù
Lei non capiva e allora io…non credente..insegnate di matematica….ho cercato di spiegare loro cosa vuol dire credere in dio


- Credere è un atto di fede e non bisogna cercare dimostrazioni scientifiche a questo fatto, come non si cercano dimostrazioni all’amore che si porta verso una persona. Credere è un atto di fede individuale che va rispettato, me vanno rispettati anche quelli che non credono.-

La ragazzina mi guardava e la sorpresa si stava tramutando in attenzione. E poi mi sussurrato
- E’ vero..non ci avevo mai pensato!-

Un altro mi ha chiesto come fosse possibile che ci fossero persone che credono in un dio, altre in un altro e altri ancora in niente.

Difficile da spiegare ma impossibile tacere, avrei perso la loro fiducia.
Ho cercato di ribadire in tutti i modi che stavo esprimendo la mia opinione e che altri docenti ne potevano avere altre, ma partendo dalla premessa che credere è un atto di fede indimostrabile ed individuale, poi uno crede nel dio che rappresenta meglio la società in cui vive. Se io credessi, per logica, sarei portata pensare che ne esiste uno solo, che non c’è quello giusto e quello sbagliato. A seconda di dove uno vive lo chiama in un modo o nell’altro, lo rispetta e lo prega con le consuetudini di quel territorio.
Cercare di convincere gli altri che il proprio dio è il migliore ed imporlo con la forza , come nelle crociate, è un controsenso religioso.

Allora uno ha alzato la mano e mi ha detto:
- io sono serbo ortodosso, è quasi uguale, ma vado in un’altra chiesa!
e un’altra :
- io sono valdese, anch’io vado in un’altra chiesa, perché c’è tanta confusione, non sarebbe meglio, almeno tra i cristiani, avere una sola chiesa ?-
e poi, rivolta al non credente…
- Franco, non ti preoccupare noi siamo con te, se succedono discussioni noi chiederemo come stanno veramente le cose ai prof…speriamo che ci spieghino, poi ognuno di noi capirà secondo la sua testa

E la campanella della ricreazione, il cui suono che va oltre ogni umano ragionamento, ha trillato e tutti hanno smesso di discutere per uscire ed andare a giocare


------------------------
Copyright © La_prof. Mity 2006-2012

Licenza Creative Commons

Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

domenica, marzo 14, 2010

IRPEF e democrazia

Ho appena sentito Bersani parlare appassionatamente di futuro, parlare di futuro in una piazza strapiena colorata dalle molte bandiere e da un nuovo colore, il viola. Il viola di quel popolo viola nato sulla rete, che ha scelto questo colore perché non appartiene ad alcun partito, perché è la diversa lettura della terza persona del presente del verbo violare, a contrasto della violazione di tutte le regole da parte di questo governo.
Il futuro! Quello che continuo a promettere ai mie alunni e quello per cui combatto la mia guerra quotidiana contro l’uomo qualunque.

Insegno matematica e gli spazi sono pochi, ma dalla mia ho due facilitatori: loro hanno fiducia in me, io ho fiducia in loro.
Ma quale potrebbe essere un futuro senza regole e quale futuro potrebbero avere in un mondo senza regole? Con me le devono rispettare e, anche se alle volte non le condivido, spiego loro perché e poi le applico. Alle volte, tra i mie colleghi, ci sono quelli che mi dicono che sono troppo rigida e zelante, ma è una affermazione assurda: non si possono fare le regole e poi non applicarle. Io discuto all’infinito affinché i Collegi Docenti non varino regolamenti inapplicabili, ma se poi diventano norma della scuola non si possono applicare all’incirca, per questa volta passi, senza metterci sotto un ragionamento. L’Italia che ci troviamo è anche frutto di questo atteggiamento da deregulation che pervade la vita comune, dai divieti di sosta mai sanzionati e diventati parcheggi perché lo fanno tutti a quelli che pagano le colf in nero perché è ovvio no? a quelli che evadono le tasse perché si sentono più furbi.

Tra i parametri che dovremmo utilizzare per valutare i nostri alunni ci sono: Sa adeguarsi alle regole, è solidale con i compagni…ma chi glielo insegna…?

Lavorando sulle percentuali è rispuntata la teoria del “ non è giusto che chi guadagna di più paghi più tasse” “ se uno è bravo deve essere premiato”
E’ vero! In una nazione in cui il merito non conta e la vincono i furbetti bisogna parlare con loro anche di questo. Bisogna parlare anche del patto sociale solidale stretto tra generazioni tanti anni fa dal quale loro rischiano di rimaner esclusi, quel patto sociale per cui i giovani versano i contributi che serviranno a pagare le pensioni dei vecchi. Loro avevano capito che i soldi dei contributi previdenziali andavano in banca e lì attendevano il loro domani!
Hanno 12 anni, sono piccoli, ma saranno il nostro futuro e simili domande non possono restare senza risposta.

Hanno appena seguito una lezione sui doveri del cittadino tra i quali rientra pagare le tasse e da qui siamo partiti.
Sanno che mi infiammo di fronte alle ingiustizie e mi accettano.
Abbiamo discusso sul fatto che chi evade o lavora in nero non è più furbo è solo un ladro che si fa curare in strutture pubbliche pagate con i soldi di chi non evade, studia in scuole pubbliche e in pubbliche università pagate con i soldi dei contribuenti. Fanno una gran confusione tra stato e governo e anche questo bisogna spiegarlo, se no non si va avanti.
E’ un discorso difficile da affrontare alla loro età, ma alla loro età, se non indottrinati, hanno un potente senso di giustizia e di solidarietà.
Alla fine hanno convenuto con me che quanto sostenevo fosse non solo vero, ma giusto, però ancora non capivano perché uno che guadagna di più deve pagare il 40% e uno che guadagna di meno solo il 20% ( ovviamente queste sono delle aliquote semplificate)
Ho iniziato a spiegare che ci sono delle aliquote fiscali crescenti…ma ancora non capivano e allora ho cominciato il discorso dei mucchietti:
Ho dovuto passare dalla teoria alla pratica, se non faccio non capisco!
Ho disegnato sulla lavagna dei contenitori scrivendo sopra ad ognuno il massimo ed il minimo di quella fascia, cioè il mucchietto di soldi che andava messo lì dentro e poi avanti per le altre aliquote fino alla maggiore. Ho scritto sotto la percentuale di tassazione, e, dopo aver inventato un reddito annuo al quale ho spiegato andavano tolte le detrazioni previdenziali ed assistenziali, ho invitato un ragazzo a sistemare virtualmente i soldi in ogni mucchietto e a scrivere, mucchietto per mucchietto, la quantità di denaro che ci finiva dentro.
Ho fatto fare la stessa operazione per un reddito alto ed uno medio basso.
Poi hanno iniziato a calcolare i soldi che andavano tolti, seguendo le aliquote fiscali, mucchietto per mucchietto!

-ma prof! pagano uguale!!!….solo per i soldi in più pagano diverso, insomma il ricco mette di più ma è logico..però prima paga uguale, io avevo capito che pagasse di più su tutto!

Ecco quando la matematica aiuta la democrazia.
La prossima verifica consisterà in problemi di geometria con le similitudini ed il calcolo dell’IRPEF di uno stipendio reale.


------------------------
Copyright © La_prof. Mity 2006-2012

Licenza Creative Commons

Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

venerdì, novembre 06, 2009

Oggi lezione in corridoio

Oggi avevo lezione l’ultima ora, dall’una alle due.
E’ l’ora più disgraziata perché mezza scuola se ne va e l’altra metà, quella che rimane, si trova ad accollassi gli eventuali alunni senza insegnate.
Ho sempre protestato per questa pratica degli smistamenti, ma la dirigente afferma che non è possibile fare altro e che per l’ultima ora si può superare anche il limite previsto di presenze definito dalla cubatura.
Ho fatto presente alla dirigente che trasgredivamo le indicazioni relative alla sicurezza, lei mi ha fatto notare che non potevo esimermi dal fare sorveglianza, al che le ho comunicato che se mi fossi trovata in una simile situazione avrei portati tutti i ragazzi in corridoio.
Va bene , mi ha risposto, probabilmente pensando che non avrei mai osato.

E oggi ho osato!!

Mi hanno mandato 7 ragazzi che sommati ai 24 presenti portatava il numero dei presenti a 31 e con me 32.
Allora li ho portati in corridoio.

Ma loro, i ragazzi, non avevano colpa alcuna ed ho quindi cercato di intrattenerli: abbiamo iniziato un gioco che è andato avanti tutta l’ora.

Li ho messi in fila e ho detto loro di iniziare a numerare a mente con le potenze del 2:
2;4: 8; 16; 32…………..33554432….e avanti .. a mente.

Pare incredibile ma si divertivano come matti e riuscivano a fare a mente calcoli per i quali a me serviva la penna…il ragazzino dichiaratamente dislessico, quello che per fare "i conti" deve aver la calcolatrice ( come dissero gli psicologi che lo seguono) è riuscito a fare a mente il doppio di 33.555.431 e poi avanti fino a 42 9496 7296..a mente….ragazzini di prima e di seconda, quelli che vorrebbero sempre la macchinetta per fare i calcoli durante le verifiche.

Ma allora si può ancora lavorare con loro!
Si può ancora recuperare, o meglio, far affiorare, in tutti , almeno in parte, le abilità di calcolo che pare non possiedano ma che invece sono sepolte sotto tonnellate di pigrizia e che non utilizzano per indolenza…questa non l’avevo ancora capita…non sono mussi..sono pigri e se li motivi e stimoli riescono nell’impossibile.


------------------------
Copyright © La_prof. Mity 2006-2012

Licenza Creative Commons

Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

sabato, ottobre 24, 2009

Noi e Giuseppa, la LIM

Da settimane nell’aula di seconda fa bella mostra di sé una lavagna interattiva multimediale, ma non funziona! È bianca con un lungo braccio al quale è attaccato un proiettore. I ragazzi la guardano e chiedono, ma quando l’usiamo? Il tecnico della scuola ha fatto quello che poteva ma non carica proprio il software , dà errore all’avvio e stiamo aspettando i tecnici della casa madre. Anche i ragazzi stanno aspettando di vedere cosa si può fare con ‘sto coso, anzi ‘sta cosa perché l’hanno già battezzata Giuseppa e Giuseppa sia.
Questi ragazzi sono quelli che l’anno scorso impazzavano sul loro pluriblog, sono ragazzi digitali, tutti, meno uno e sono anche tutti ragazzi e quindi fortemente impazienti.
Ma impaziente sono anch’io, non mi pare possibile avere questa finestra spenta. Poco mi interessa delle applicazioni multimediali e dell’interattività della lavagna, si tratta di imparare quasi un nuovo sistema operativo e l’idea non mi affascina, ma mi disturba avere una potenziale finestra aperta sul mondo con le persiane tirate giù.
Sono come loro impaziente!
E allora provo. Non sono una nativa digitale e dovrei leggere un manuale, ma invece non lo faccio e provo. Accendo pc e lavagna e cerco se c’è rete.
C’è!
Digito la password della scuola e si attua la connessione.
Silenzio, bisbigli, sussurri e quando appare Google applausi incontenibile, grida di felicità e la prof. dell’altra classe che viene a veder cosa succede e quando li vede così contenti stupisce.
- andiamo sul nostro blog- dice Milli
-si dai-

Occhei, prendo la tastiera a wifi che funziona un po’ si e un po’ no e digito l’indirizzo del nostro blog, che è privato. Allora Asia propone di utilizzare il suo ID e la sua pw per entrare, passo la tastiera a lei e voilà ecco il nostro pluriblog

Applausi, risate, piedi battuti per terra, quasi un tifo di classe.
Non riesco a far muovere sulla lavagna il puntatore del mouse wirless e devo utilizzare i miei calzoni: mi siedo con una gamba tesa sulla cattedra e uso una coscia per tappetino e così apro un nuovo post. Ora si deve scrivere e mentre Asia scrive quello che detta la classe io tocco una frase sbagliata sulla lavagna e la frase si evidenzia.
E’ un urlo globale, applausi e strilli…funziona funziona.

Milli è entusiasta, detta le parole da scrivere ad Anna, il periodo si compone e viene via via arricchito e sistemato. E’ uno scritto della classe che tutta ha partecipato a creare e lo scritto viene postato sul blog.
Milli mi sussurra gridando..è il più bel giorno da quando vado a scuola.
Chi avrebbe mai pensato a tanta partecipazione! Questi ragazzi, nativi digitali, hanno trovato un posto dove si parla anche la loro lingua

Sul Blog hanno scritto:

“Ciao a tutti mi presento sono Giuseppa...non funziono molto bene!! La zia monti dice che sembro un casco da parrucchiera ma secondo la prof di mate. sembro una giraffa.
In realtà sono una LIM di ultima generazione e devo ancora crescere per imparare a funzionare”

E allora, sebbene funzioni solo parzialmente perché deluderli?
La lavagna funziona in modalità touch ma il software per le applicazioni specifiche non viene caricato.
Ma non importa, abbiamo una finestra sul mondo, la possiamo aprire con le mani e possiamo cercare quello che ci serve.
Prima facciamo una ricerca su Google e così imparano cose che non sapevano, cos’è una ricerca per esclusione ad esempio, e poi andiamo su Youtube a cercare qualche cosa che ci aiuti a capire meglio l’apparato circolatorio. A casa avevo già verificato la presenza di materiale interessante, ma per loro usare Youtube per fare scuola è fantastico.
E’ vero che il contenitore non definisce il contenuto, ma aiuta… E così guardiamo i filmati, ogni tanto c’è chi alza la mano e Luisa, la “manovratrice”, ferma il video e io spiego. Sono attenti e si divertono, peccato doverla rimandare indietro perché il software non funziona bene, staremo un mesetto o anche più senza Giuseppa, adesso che cominciavamo a conoscerci….

------------------------
Copyright © La_prof. Mity 2006-2012

Licenza Creative Commons

Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

domenica, settembre 20, 2009

La giostra ricomincia a girare.

Prima settimana di scuola, quest’anno avrò una prima ed una seconda.
Un buon numero dei ragazzi della terza dell’anno scorso sono su facebook e mi raccontano delle loro prime esperienze alle superiori.
Paiono tutti contenti, ma chi mi strabilia è sempre e ancora LEI che, dopo avermi comunicato di aver deciso di continuare le scuole e poi di trovarsi bene, ora mi scrive in bacheca:

PROFESSORESSA HO PRESO 8 E MEZZO IN FISICA!!!!!!!
FISICA!!!!!MATEMATICA!!!!!!!CALCOLI!!!!NUMERI!!!!! AAAAAAAARG MI SPAVENTO SOLA A VOLTE O___O

Che felicità sapere di averla aiutata ed uscire dal suo pantano e di vederla ora radiosa.


A scuola tutto come sempre o quasi, il caldo umido e appiccicoso di ogni settembre, i colleghi sempre più depressi e i ragazzi…quelli di seconda, sempre splendenti: mi hanno accolta con il solito gioco rituale dell’alzarsi in piedi senza fare rumore, senza far stridere le sedie sul pavimento e poi con un:
- buongiorno professssooooressssaaaaa !!-
urlato a tutti polmoni, seguito dall’immancabile risata collettiva e di nuovo il sedersi facendo il meno rumore possibile.

Ne manca uno, che ha cambiato città, in compenso hanno aggiunti due ripetenti: uno mi pare un po’ perso, l’altro sveglio ma completamente disinteressato alla scuola.
I ragazzi hanno subito iniziato a parlare del loro blog, a chiedere se farò ancora con loro informatica e a discutere su tutto… e già perché questa classe ha l’abilità di riuscire a discutere su tutto e con convinzione, se il quaderno a quadretti debba avere il quadretto di 0,4 o 0,3 millimetri o se invece le righe siano migliori oppure sia migliore il formato di computisteria che sta più roba…se non li blocco vanno avanti tutta l’ora.

I due nuovi hanno a casa la connessione a Internet, ma uno non sa quasi cosa sia, l’altro mi guarda di sottecchi, come un gatto che aspetta la preda, aspetta di cogliermi in fallo.
Gli chiedo se vuole registrasi anche lui e partecipare al blog
- forse - mi risponde.
- Va bene, allora dovrai darmi il tuo indirizzo di email e registrati su Google, poi ti manderò l’invito.
Ma cosa c’entra Google, mi chiede sospettoso, e allora gli spiego che usiamo un blog di Google e che anche l’account di Google, oltre a quello della scuola, e gli racconto come funziona.
Lui mi guarda e lo sguardo è cambiato: è stupito di non riuscire a farmi lo sgambetto. Fa alcune domande più o meno centrate e gli rispondo spiegandogli gli errori che, secondo me, sta facendo.
Il suo sguardo è ora ancora più stupito e mi guarda dritto in faccia..forse ha capito che comprendo e parlo la sua lingua.
-D’accordo - mi concede- le darò i miei dati.
In questa classe quest’anno tenterò due avventure: una con la lavagna interattiva multimediale, che la scuola ci ha messo a disposizione ma che ancora non so come funzioni, e l’altra , quella i cui risultati mi incuriosiscono maggiormente, è che insegnerò loro a programmare con il Logo, ma da riga di comando. Ho già provato, tre anni fa, a lavorare in classe da riga di comando a schermo nero: li affascina, perché li fa sentire a colloquio con la macchina senza tante interfaccia interprete in mezzo.
Vedremo cosa accadrà.
HE poi c’è la prima, li ho visti una sola volta, sono in tanti, in 26, belli, educati, ubbidienti, per ora…poi si scateneranno.
Mi sono presentata dicendo chi sono, cosa faccio, che ho due figli, che conosco bene le nuove tecnologie e che sono presente su Facebook.
Mi sono già arrivate da loro tre richieste di amicizia.


------------------------
Copyright © La_prof. Mity 2006-2012

Licenza Creative Commons

Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

venerdì, settembre 04, 2009

Lettera ad una professoressa

cercando di mettermi al loro posto


Cara professoressa,
da tre anni stai cercando di insegnarmi matematica, ma io capisco poco, mi pare che tutto quanto dici sia una tua invenzione o di tuoi amici che, come te, hanno insegnato matematica.
Molte volte mi rimproveri perché non sto attento e sogno, seguo i mie pensieri e mi richiami dicendomi “torna con noi”.
Tu sei una brava professoressa, sento che non ce l’hai con me, che a modo tuo ti interessi a me e che mi vuoi, a modo tuo, bene.
Ma tu cosa sai di me?
Potresti rispondermi che nemmeno io so di te, ed è vero, ma la tua osservazione non avrebbe senso, sei tu che fai la docente, non io.

Tu, come tutti i tuoi colleghi, parli in un modo lungo, che non finisce mai e intanto che aspetto la conclusione mi sono di nuovo perso, non mi fai fare quasi mai niente se non espressioni e problemi, ma non mi fai capire perché si fa così, mi dici che si fa così e mi sciorini una lunga dimostrazione che non riesco a seguire.
E’ questo parlare lungo che mi azzera.

Io vivo in un altro modo, noi viviamo in un altro modo, è giusto? è sbagliato?…ma chisseneferega, sta di fatto che è così e indietro non si torna.
Noi siamo per voi i ragazzi frettolosi, quelli che accorciano le parole, quelli che devastano la lingua italiana, quelli che cazzeggiano sulla rete, quelli che sarebbero eternamente soli, a rischi di disagio, devianti, marziani.
E se foste voi i marziani?

La mia gente si sta evolvendo, si è trovata a vivere in un mondo creato dalla tua gente e in questo mondo nuovo, quasi vergine è scattato il meccanismo dell’adattamento e dell’evoluzione.
Noi siamo quelli che sono sempre tra loro in contatto, siamo quelli che avanzano nella foresta dei nuovi media e tra i nodi della rete comunicando agli interessati le scoperte.
Forse tu, prof. penserai che le nostre scoperte sono cretine, perché abbiamo scoperto che in una città vicina c’è un D.J fighissimo e ci organizziamo per andare in quella discoteca e perché ci mandiamo cuoricini e faccine ridenti senza un ben preciso motivo, perché ci facciamo gli squillini, perché non decidiamo mai cosa fare tre giorni prima, ma in corsa mentre uno è sull’autobus, l’altro a casa e il terzo dai nonni.
Forse le cose che facciamo sono stupidaggini, ma forse stupidaggini simili le facevi anche tu, prof, alla nostra età, ma in altro modo. Quello che tu non possedevi era la possibilità di avere tutto virtualmente sotto mano, mappe, cinema, poesie , amici.

Non sottovalutarci e non pensare che saremo degli incapaci deprivati affettivamente, con relazioni frammentarie e virtuali e, sebbene tu pensi che noi si faccia solo cretinate, tu sottovaluti il mezzo con cui le facciamo.


Noi possediamo la capacità di accedere ad un insieme quasi infinito di relazioni e conoscenze: quando saremo adulti questa capacità farà parte di noi, sarà la nostra evoluzione con la quale ci muoveremo nella vita di tutti i giorni ma anche sui grandi temi.
Non sottovalutare prof. la conoscenza degli strumenti, non dire sempre che noi.. che voi… che allora e che ora.

Sforzati prof. di capirci, di capire quello che inconsciamente stiamo facendo, cerca di valutare positivamente questa evoluzione della specie, soprattutto riconoscila, impara anche tu la nostra lingua ed accompagnaci.

 -----------------------------------------
Copyright © La_prof. Mity 2006-2012

Licenza Creative Commons

Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

venerdì, luglio 10, 2009

La scuola è finita e LEI va!

Sono andata a scuola per sistemare l’aula informatica.
Che strana sensazione, ella senza loro.
I lunghi corridoi vuoti paiono essere orfani del rumore assordante e del caldo che tanti esseri umani emanano.
In alcune aule intravedo ora una felpa, ora un ombrello, ora il sacchetto nero delle scarpe da ginnastica che penzolano da attaccapanni desolatamente spogli.
I bidelli stanno facendo le pulizie annuali, tutto è stato spostato, l’impressione è di totale provvisorietà .
Sono andata a veder la mia terza, tutta già tirata a lucido, tutta anonima, cancellate le creative scritte in pennarello, le lavagne perfettamente nere e per terra uno scatolone in cui sono accatastate tante cose: tutto ciò che i bidelli hanno trovato sotto i banchi. E’ incredibile la quantità di oggetti che loro riescono ad abbandonare, dal compasso al quaderno, che comunque ormai non serve più, al dizionario ad un paio di guanti.
Le aule sono state abbandonate l’ultimo giorno di scuola, quasi una evacuazione.
Subito prima dell’abbandono la scuola, ogni anno, è avvolta nello scandire ritmato dei minuti che scorrono, il coro si alzava dalla lunga fila di studenti, in rigorosa, o quasi, fila per due, in attesa del suono della campanella che decreta la fine.

La rampa che collega i quattro absbugici piani è affollata di ragazzi, dal volto arrossato e sorridente che scandiscono, aiutati dall’amplificazione derivante della tromba delle scale, gli ultimi dieci minuti di scuola, meno dieci, nove, otto sette… a me, ogni volta che li sento, vengono le lacrime agli occhi, non perché alcuni se ne vanno definitivamente, ma perché, empatica come sono, assorbo le loro emozioni e in quei minuti sono così potenti da infrangere ogni ostacolo tra me e loro e mi sento loro…sei, cinque, quattro… e l’emozione aumenta, le voci alzano il tono, sono tutte ritmate, tutte all’unisono e gli insegnati guardano e sono impotenti, ma forse vogliono essere impotenti di fronte a questo rito che puntualmente si ripete ogni anno, molti sorridono e le voci si alzano ancora di più, se possibile, tre, due, uno DRINNNNNNNNNNNN è finita!

Cominciano a sciamare verso l’uscita … un altro anno se ne è andato.
Dopo cinque minuti la scuola è vuota e riecheggiano ancora le loro grida e le loro risate, poi cala il silenzio.
La grande scuola si sente orfana, riconta tutti gli anni che ha sulle spalle, ricorda tutte le famiglie che ha visto passare sulle sue scale: ragazzini che ora sono bisnonni, nonne, mamme e papà; allora, come oggi i loro figli, hanno sceso, in fila per due, gli stessi gradini…e ora il silenzio avvolge tutto, tre mesi di silenzio.
Anche gli esami verranno fatti altrove e la grande scuola è muta.
Percorro quei corridoi e mi sembra di avanzare in un mondo irreale.
Finisco presto il mio lavoro e me ne vado.

Vado a far acquisti con mia figlia: H&M è la nostra solita meta, cerchiamo troviamo, scendiamo le scale mobili e mentre sto imboccando l’ultima rampa vedo LEI. Sta salendo in compagnia di amici, la saluto con la mano e vedo che parlotta con i suoi compagni e si ferma ai piedi della scala mobile mentre io scendo. Mi aspetta, mi viene incontro e mi abbraccia dicendomi di nuovo grazie
- Grazie per tutto quello che avete fatto per me, continuerò la scuola, ho deciso che devo farlo e posso farlo, vado all’istituto tecnico!
La guardo e non vedo più la dark che conoscevo: i capelli sono ora castani, un filo di trucco, una maglietta beige e un paio di jeans azzurri. Nulla di provocatorio, una ragazza tra le tante, una ragazza che finalmente si è accettata.
La saluto e lei mi riabbraccia e bacia di nuovo e mi lascia con un:
- Ci vediamo su facebook !-

------------------------
Copyright © La_prof. Mity 2006-2012

Licenza Creative Commons

Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

sabato, giugno 27, 2009

Et voilà, les jeux sont faits

Alle 12 e 35, con solo un’ora di ritardo sulla tabella di marcia, gli esami sono terminati.
Chiusi i libroni dei verbali, sigillate le buste con le tracce, firmati gli elaborati, i verbali, i tabelloni provvisori le schede.. alla fine ho fatto circa 130 firme e la dea burocrazia è stata soddisfatta, ha avuto il suo rituale sacrificio di carta inchiostro e tempo.

Oggi è stata la giornata in cui c’erano LORO.
Ma c’era anche lui, Sandro, sempre tanto diligente, tanto quieto, sempre al suo posto, considerato da molti colleghi un niente, ma per me un ragazzo speciale.
Sandro ama le scienze, le studia quasi con devozione e per far scienze sa che deve esser bravo anche in matematica, quindi a cascata, vuol bene anche a lei.
Ha fatto sempre tutto quanto poteva e sapeva, e sebbene alcune lo definissero un “po’ curto”, nelle prove nazionali è uscito alla grande; ma le prove nazionali sono una “cagata”, dicono diverse mie colleghe, meglio il buonismo di sempre che premia l’ossequio e la diligenza degli stolti: una, che ha fatto le peggiori prove nazionali, peggio di LUI, con un tre in matematica, ma tanto perbene, rischiava di uscire con un otto, perché è una tanto perbene e va premiata.
Solo una mia scenata ha evitato quel voto assurdo.

Ma lo stesso sette è andato a Sandro.
Troppo studio e troppo impegno alle volte fanno dei brutti scherzi.
Ha esordito con un argomento di scienze, ma è stato subito rimbrottato perché - ma insomma…tutti lo stesso argomento… !- esterna la solita collega, quella che insegna una delle materie più impegnative e nelle quali si può valutare abilità e competenze di ogni genere: ginnastica.
L’ho pregato di continuare lo stesso e ha iniziato incerto, ha ficcato i neutroni fuori dal nucleo e appena ho cercato di correggerlo le labbra gli si sono increspate, la lingua faticava a trovare nella bocca lo spazio per costruire le parole, e a stento, ha corretto ma le lacrime hanno cominciato a scendere, e non si fermava no più.
Lui, il ragazzo che scoppia in lacrime davanti alle compagne che lo ascoltano…penso che avrebbe voluto morire.
Non so come aiutarlo, chiedo alla presidente di commissione di interrompere per un attimo e lasciarlo in pace, di mandarlo a farsi un giro nei corridoi per ritrovarsi, ma non c’è nulla da fare. La collega di ginnastica interviene , perché lei sa cosa fare, e incomincia a chiedergli degli argomenti relativi allo sport....poi interviene la presidente e si siede accanto a lui.
Sandro quella non l’ha mai vista e lei cerca di calmarlo accarezzandogli la schiena, gli occhi si Sandro mi cercano disperati e io non riesco a fare NIENTE per lui: il maternage represso esplode, ognuna sta cercando di dimostrare la sua abilità nel calmare un ragazzo e lui affonda sempre più nella disperazione, parla di altro, sa le altre materie discretamente ma continua a guardarmi e non accetta il suo fallimento nella materia che ama tanto. Cerco di riscattarlo di fronte a se stesso ma appena ritorna a parlare di scienze le labbra si increspano per la vergogna e gli occhi si riempiono di lacrime.
Al diavolo le colleghe, parlo io, gli parlo io, non so se sarà bene, ma tento
- E’ vero Sandro, hai fatto male, non hai saputo gestire questa situazione nella materia che hai di più studiato, sarei sleale se ti dicessi il falso perché tu stesso lo sai, ma sarei anche sleale se non ti dicessi che ho la ferma certezza che questo è solo un incidente: anche questo è un pezzo della vita, un piccolo insegnamento di cui fare tesoro ,se riesci.. –
Gli occhi di Sandro paiono scavarmi dentro, sussurra un grazie e se ne va.

E alla fine sette, sette come la ragazza. tanto perbene che merita un premio e l’altra, quella che ha fatto quasi scena muta, otto ,otto a maggioranza, viene modificato anche il voto dell’orale, sempre a maggioranza. Alle volte mi chiedo perché fatico tanto a correggere gli elaborati e a far studiare i ragazzi durante l’anno se poi questa stramaledetta maggioranza sconvolge tutto, alza o abbassa i voti, e un docente che fa due ore la settimana con un alunno può decidere, assieme agli altri docenti che fanno due ore con l’alunno, che costui merita otto, a maggioranza.

E vabbeè…...e poi..arrivano loro.
LUI non ha ovviamente studiato un fico secco, non ha portato niente se non la sua illustre persona, perché si vergognava a portare i disegni, visto che erano brutti, perché la relazione di scienze non la trovava, perché musica la sa e non serve la relazione. Gli viene chiesto, non da me, perché non abbia mai studiato matematica e lui risponde che tanto non la capiva ed era inutile, che lui non è portato per la materia. Farà il liceo linguistico. Evito di interrogarlo, non so se sarei capace di non essere aggressiva e quindi preferisco lasciar perdere… sei …promosso.

LEI: lei viene vestita con una “lacost” bianca e con dei jeans abbastanza alti, con i capelli raccolti, senza bistro e senza unghie nere.
LEI è un’altra, spero non sia solo forma.
Inizia a parlare ed è evidente che ha studiato come poteva, quello che poteva nel modo migliore che poteva.
Sempre “quella” di ginnastica se ne esce dicendo che ha imparato tutto a memoria, lo dice a noi, ma pare che lo senta anche lei e infatti si blocca.
Le chiedo un altro argomento , che esula dalla sua proposta di esposizione, le chiedo di parlare in generale delle dipendenze. Affronta il tema correttamente, come sicuramente “quella” di ginnastica non avrebbe saputo fare, e parla delle dipendenze da cellulare, dal cibo, dalle droghe legali e illegali, parla degli sballi, del perché i ragazzi cercano lo sballo e del perché secondo lei è rischioso. Un ragionamento a tutto campo, da adulta, ma alla fine quella di ginnastica le fa il fervorino dicendole che è troppo tardi per dimostrare impegno.
LEI sbianca:
- Sono bocciata allora?-
E NO!!!
Ora devo tappare la bocca a quella strega, basta!!
- La professoressa ti sta dicendo la sua opinione personale, ma qui stai facendo un esame davanti ad una commissione, e la commissione valuterà. Il tuo esame è finito e puoi andare-
Le si apre in un sorriso, ha capito che la strega non ha tanta voce in capitolo, si alza, gira attorno alla tavola e viene da noi e ci bacia tutte, ringraziando per quanto abbiamo fatto per lei, ci bacia tutte meno la strega!

E’ finita, torno a casa stanca e sudacchiata, ma ancora devo fare quanto ho promesso ai ragazzi.
Scrivo in una posta da Facebook a Sandro : - Per me sei sempre uno da nove!-
Scarico sul computer le foto che ho fatto durante gli esami: ho fotografato i piedi di tutti, certe volte andando anche sotto il tavolo, quando la presidente non c’era, altre in corridoio e nell’aula di attesa.. Ridimensiono le foto e le pubblico su Facebook…saranno loro a riconoscersi e a mettersi i tag nell’album che ho fatto :


Piedi da esame- esame con i piedi





------------------------
Copyright © La_prof. Mity 2006-2012

Licenza Creative Commons

Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

sabato, giugno 20, 2009

Esami e social network

La sera prima della prova di matematica pubblico su Facebook :
“Per quelli della III: oltre alle solite cose studiate leve, genetica, probabilità semplice e statistica (moda media mediana).. spero di NON vedere prove in BIANCO”
e si apre un tread di richieste, alcuni pubblicano le loro richieste altri mi raggiungono in chat altri ancora via email.
Fatto sta che alcuni si sono persi le schede riassuntive che avevo fatto e distribuito.
Potrei fare finta di non sapere come rimediare alla loro sbadataggine, ma infine non mi costa niente pubblicare i documenti da qualche parte e così faccio, poi pubblico l’url..
Una si sente l’eroe buono a fare ‘ste cose la sera prima degli esami… ma con loro capita anche di sentirsi la deficiente buona, perché subito dopo lampeggia una scritta
- ah..ma sono queste..non le avevo perse, credevo che siccome aveva parlato di dadi ci fossero le foto dei dadi
- genetica? Ma non c’è e cosa c’entra con la probabilità
- Mendel, hai presente
- aaaaaaah quello… ho capito
- grazie prof., adesso ripasso

Ma ti pare che alle 19 e 45 uno si mette a ripassare….vabbè, piuttosto che niente!
Su fb, tra i miei amici, ci sono anche lei e lui.
Lei è la dark che ripete per la terza volta e lui è il matofobo per fede o per convenienza, a scelta.
Loro tacciono.
E arriva l’esame. Viene sorteggiata la prova, quest’anno uguale per tutte le sette terze, che quindi poteva proporre argomenti trattati in classe meno approfonditamente. Ci va bene: solo la parte di analitica è un po’ fastidiosa.
Si può consegnare e andarsene solo dopo metà la del tempo utile concesso per la prova e LORO, prima lui e dopo lei, consegnano appena possibile e se ne vanno.
Gli altri sudano sui loro elaborati.
Ma almeno far finta di lavorare no?
Niente, il muro. Matematica è un optional.
Correggo le verifiche e sono andate piuttosto bene.

Passano i giorni e si arriva alla prova nazionale di italiano e matematica : i docenti delle materie presenti nei quesiti non possono far sorveglianza durante lo scritto, ma vengono convocati, assieme a tutti gli altri docenti, per le 10.30 al fine di procedere ad una correzione collegiale e rapida utilizzando le griglie ministeriali.
Alle 10.30 le griglie non ci sono, alle 12 nemmeno e noi lì ad attendere.
Ovviamente il sito da cui scaricare le prove è impallato, tutta Italia lì a cercar di scaricare; fatto volontariamente questa azione sarebbe un net strike, ma è il ministero che fa auto strike.
Alle 12.40 o giù di lì abbiamo le griglie e iniziamo la correzione.. ma ma.. le griglie per la correzione delle prove di matematica richiedono, per alcuni item, la valutazione della correttezza del procedimento e gli insegnati delle altre materie si rifiutano di farlo.
Finisce che resto a scuola fino al tardo pomeriggio a correggere e poi a mettere i pallini sulle schede ministeriali.
Tornata a casa accendo il computer e scrivo che le prove nazionali sono andate bene, ma nessuno dei ragazzi commenta.
Riguardo la posta e fb solo l’indomani pomeriggio e dopo un po’ iniziano i lampeggi delle chat
-prof..ero fuori con la testa, ho fatto male
-pof, mi scusi posso?
-vai
-ecco e che sa quello con la statistica mi sono dimenticata di copiarlo in bella è solo in brutta ma l’avevo fatto giusto so che ha già corretto ma magari se guarda la brutta perché era giusto, scusi prof.
-avevo notato, stai tranquilla
Dopo un po’ arriva un sms: prof. scusi che l’ho disturbata in chat ma non avevo il suo contatto mail.
Lampeggia di nuovo la chat
-prof, come sono andato
-non posso dirtelo, studia per l’orale scienze
-ero fuori. Prof, ho fatto un casino..porto il sistema solare va bene?
-ma non eravamo già d’accordo su quello? Ricorda che devi sapere anche il resto
-si so che avevo detto che facevo quello ma volevo esser sicuro.

Quanti timori, quante paure per questo esame: è il primo che fanno, sono figli della riforma Moratti; l’esame della quinta elementare è stato abolito e loro hanno un po’ di paura, anzi, alcuni hanno tanta paura.
Studiano tanto o almeno una gran parte di loro percepisce di studiare tanto per poi poter dire tutto in venti minuti: venti minuti per tutte le materie insieme, nemmeno la soddisfazione di poter dimostrare la propria fatica.
Dall’altra parte docenti stremati e spesso distratti che ascoltano 6 ragazzi alla mattina e sei al pomeriggio per giorni… poveri ragazzi, poveri insegnati costretti a stare dentro la ferrea organizzazione per poter finire tuttoentro il 30 giugno, come prevede la normativa.
Non importa se le classi sono di 28 se la scuola ha otto sezioni bisogna FINIRE e BASTA!!

------------------------
Copyright © La_prof. Mity 2006-2012

Licenza Creative Commons

Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

lunedì, giugno 08, 2009

5 giugno: quando tutto è possibile

La cena di classe di fine anno con la terza non pare essere gran che: arriviamo in pizzeria alle 7 e mezza e piove, uno si è già bagnato i calzoni perché è andato a vedere la temperatura dell’acqua del mare ed è scivolato sugli scogli, gli altri sono bagnati per la pioggerellina che scende noiosa e non si decidono ad entrare: stazionano davanti alla porta attendendosi e bloccando l’ingresso agli altri avventori che brontolano.
Finalmente si entra e per fortuna i genitori saggiamente si eclissano, loro sono tutti stipati da una parte del tavolone, e noi due, le uniche due proff. che hanno accettato l’invito, siamo dall’altra parte del tavolo con in mezzo una terra di nessuno di sedie vuote.
I camerieri frettolosi insistono per avere subito le ordinazioni, le pizze arrivano come un lampo, i ragazzi chiacchierano e si fotografano tra di loro, poi ci fanno un regalo, due deliziose caraffe con scritto 3a_2009 e tutto finisce.
Alle otto e mezza stiamo già uscendo dal locale.

La pioggerellina si è fermata ma per terra è tutto bagnato.
- Andiamo a fare il bagno?- dice uno
Io penso che scherzino, ma invece no, li vedo armati di sacche ed asciugamani che si accingono ad attraversare la strada per andare sugli scogli dai quali dovrebbero tuffarsi.. mi pare incredibile, con questo freddo!
- Ma l’acqua è calda, l’ho provata prima - dice il bagnato di prima
- Dai proff. venite a farci compagnia
- Dai prof..andiamo....!
- Ma i vostri genitori lo sanno??
- Certoooooooooo

Allora mi vene proprio una gran voglia di stare con loro, vado in macchina, prendo la reflex che avevo dimenticato e mi avvio con loro.
Sono come cuccioli, sebbene alcuni siano un bel po’ più alti di me. Prima vanno sulle giostre per i bambini e poi i più temerari si spogliano e si tuffano e io scatto e scatto..
Il flash è buono e riesco a prenderli anche in acqua, e loro vanno su e giù e si mettono in posa gonfiando i muscoli.
Intanto le ragazze stanno togliendosi i vestiti, una di loro non ha il sopra del bikini per cui resta con la maglietta e via, come sirene.
Le guardo affascinata: sono bellissime, una è campionessa di tuffi, una di vela, l’altra di corsa, hanno dei corpi da copertina e sono…le mie ex bambine di prima..ora in terza sono delle donne e vederle così mi fa realizzare quanto loro siano cambiate in questi anni.
Tra i ragazzi la situazione è un po’ diversa: alcuni sono già uomini fatti con gamba lunga e braccio muscoloso, altri devono ancora completare la crescita e sembrano ancora bimbi, sono magrolini e minuti, ma quasi tutti si fiondano in acqua, e su e giù e su e giù. Vengono fuori anche i gavettoni; si mettono in cerchio, sotto la pioggia a gavettonarsi a più non posso.
- Ora andiamo a scaldarci in mare !!.
Continuo a scattare, e i tuffi si seguono, io ho un po’ di paura, ma quella è la mia costante.
Una ragazza urla:
-Occio alla clanfaaaaaaaaaa!- e si lancia a cucchiaio in acqua sollevando spruzzi e bagnando tutti.
Intanto piove e due ragazze, che non hanno aderito al gara di tuffi, anzi non si sono nemmeno spogliate, stanno a guardali ridendo come matte e si tengono strette sotto l’ombrello.
Io son bagnata perché piove, ogni tanto in una foto compare la luna che non c’è perché una goccia di pioggia illuminata dal flash la sostituisce.

Continuano così per un’ora, loro sono bagnati ma con i vestiti asciutti, io sono bagnata ed anche i miei vestiti, così li abbandono ma già vedo che compaiono i genitori.
Tornata a casa scarico le foto, parevano poche, ne ho fatte quasi 200 e di buone ne restano circa 120.
Le foto sono bellissime perché loro sono bellissimi e perché fare foto in acqua, di notte, con il flash, dà risultai sorprendenti.
Sono le 11e mezza ma non ho intenzione di andare ancora a letto.
Costruisco una gallery, sistemo le foto su uno spazio Web non pubblico e vado a letto.

L’indomani mattina una ragazza, su Facebook, mi chiede se ho pubblicato le foto : invio a lei e tutti quelli che stanno sul network una posta con l’indirizzo del sito, uno interviene nel tread scrivendo:
- xD che idoli! mi sono divertito un'altra volta solo a guardarle!-
… e la parola passa, chi scrive su Facebook, chi mi manda mail, chi mi manda sms:
- Non si vede più niente prof. cosa succede??
Il sito, che è di quelli gratuiti, è troppo frequentato, occupavamo troppa banda e ha chiuso i battenti. Sposto tutto su un altro spazio, mio, che accetta flussi maggiori e reinvio l’indirizzo.

Oggi su Facebook stanno pubblicando le loro foto e sono entusiasti.
Anche io lo sono, siamo diventati amici solo alla fine dell’anno, ma va bene così.





------------------------
Copyright © La_prof. Mity 2006-2012

Licenza Creative Commons

Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

mercoledì, giugno 03, 2009

I due che diventano sei

Reduce da un consiglio di classe ed arrabbiata furibonda.
Come al solito i voti di matematica contano come il due di picche ed anche questo due è stato tramutato in sei.
E’ il terzo anno che il gravemente insufficiente di Luigi diventa sei.

Ieri gli ho chiesto perché non volesse assolutamente studiare matematica, se c’entrassi io nel pessimo rapporto che ha con questa materia. Lui mi ha guardata serafico, come se stessi dicendo delle assurdità:
-ma no prof. è che la matematica io non la capisco e quindi non la studio, lei non c’entra, qualche cosa bisogna pur lasciare stare!-
Eh già, mi sono detta, vecchia bachettona, come puoi pensare che costui non faccia un conto sulla convenienza o meno se fare o no una certa fatica: avere un solo piccone grave induce tutti a pensare che poverino…lui per la matematica non è portato.
Non ho mai sentito una frase di questo genere per l’italiano.
C’è sempre una giustificazione per chi non sa la matematica.

Ma non mollo, continuo a parlare con lui, sono tre anni che baruffo con lui per farlo studiare
- mettiamo che tu la matematica proprio no, prova almeno a studiare le regole per calcolare superfici e volumi, le regole dell’algebra. Ma come fai a parlare inglese se non sai nemmeno una parola, la frase non ti viene dal cielo.
- Ma guardi, io non userò mai queste regole e allora perché devo studiarle?-
- Ti ricordi quando in prima abbiamo fatto le frazioni e io ti ho fatto trasformare le dosi di una ricetta per quattro persone in dosi per tre persone e tu non ci sei riuscito? Poi abbiamo riprovato la stessa cosa in seconda con le proporzioni e ancora niente perché non hai studiato le proporzioni ed ora in terza potresti farlo con l’algebra, ma niente perché non hai voluto studiare l’algebra.

In tutto questo mio sproloquiare lui mi guarda e sbatte le palpebre come un cartone animato e retrocede fingendo timore che no ha assolutamente.
-prof. non si arrabbi, a me non piace e basta e non la studio, ma lei è ok!

Almeno mi avesse detto che mi odia, che sono incapace ad insegnare, me ne farei una ragione ma no, lui ha fatto i suoi calcoli, ha visto come butta e ha capito che con un piccone anche grosso si passa lo stesso e allora…perché faticare.

Un fallimento cosmico, le ho provate tutte, gli è stato offerto un doposcuola, uno sportello di matematica settimanale e niente lui non è andato perché mi ha detto che li riteneva inutili, non ha nemmeno provato. E’ venuto solo ai corsi di recupero che ho fatto io, ma dieci ore son poca cosa e fatti alla fine della terza a lui non sono serviti a niente.
- Vede che non serve che io studi, matematica non fa per me! – mi ha detto sorridendo
Non si è nemmeno reso conto che 10 ore in tre anni non è studiare.

E alla fine ha avuto ragione lui: con un due in matematica si è ammessi e chi è ammesso poi viene promosso.
Lui queste cose le sa, sono io che mi devo aggiornare.


------------------------
Copyright © La_prof. Mity 2006-2012

Licenza Creative Commons

Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

OT... riflessioni sulla comunicazione

Ho spostato un bel po' di materiale sul server che sta in cantina e spolverando e riordinando tra file e cartelle mi è capitato sotto il naso un testo che avevo scritto per un corso tenuto nel ‘98..lontano nel tempo... se penso ad oggi, alle mie classi ai problemi che ho mi pare ancora tanto attuale...e poi mi seccava imbucarlo in cantina così lo pubblico qui per i miei tre affezionati lettori :)

gennaio 1998
UN TESTO SUGLI IPERTESTI
riflessioni

Già il fatto di trovarmi a scrivere in maniera testuale, unidimensionale e unidirezionale su un oggetto che tale non è, mi mette a disagio: mi trovo a scorrere tutti i banchi della mia memoria biologica per decidere quale concetto vada messo prima, quale dopo, quale argomento sia meglio enfatizzare, quale solo accennare, per non disturbare il lettore con deviazioni che potrebbero risultare ridondanti ( la lettura dei vari capoversi sarà comunque obbligata o almeno la presa visione dei contenuti, per poi magari saltare più avanti...... ma quanto avanti per riprendere il filo interessante ? ), il tutto nel vano tentativo di non costringe chi legge tra le maglie della rigidità di in una esplicitazione testuale prima - poi che devo necessariamente imporre al lettore a causa dello strumento comunicativo che uso.
La fatica di infilare tutti i concetti che affollano la mia mente in un percorso lineare è molta.
Spesso, a scuola, si sente dire: "Se non ti sai spiegare vuol dire che non hai capito".
Per molti anni, succube della cultura “gentiliana”, ho tormentato i miei alunni con questa frase: anche se loro sapevano fare il problema ed il risultato era esatto, quando il procedimento era confuso il voto veniva notevolmente calato.
Soprattutto operando nell'ambito dell'Educazione per gli adulti mi sono trovata ad insegnare a muratori, idraulici, cassiere, che trovavano immediatamente il risultato di problemi matematici pratici (volumi di stanze, aliquote I.R.P.E.F., portata di rubinetti..), ma che erano totalmente incapaci di formalizzare il procedimento, sia in termini matematici che, tantomeno, testuali.

Poi, un giorno, ho cominciato ad interessarmi ad Internet, ho curiosato tra le pagine web che notoriamente sono strutturate ad ipertesto, spesso con media accessori, ho scoperto strutture comunicative diverse da quelle unicamente testuali unidirezionali-unidimensionali : gli ipertesti. Ho rivisitato le mie mai studiate, ma assunte sui banchi di scuola, prima come allieva e poi come docente, teorie sulla conoscenza e sulla comunicazione della conoscenza e mi si è aperto un nuovo mondo.
Senza farla lunga sulle teorie cognitiviste che hanno imperato nella nostra scuola a discapito delle teorie comportamentistiche, quelle del fare e dell'apprendere attraverso il fare, mi sono ricordata di un antica frase cinese :

Se ascolto dimentico
se vedo ricordo
se faccio capisco

Capisco e so eseguire, ma non è detto che sappia tradurre in maniera esplicita unidirezionale e unidimensionale l'insieme complesso multidimensionale di procedimenti mentali che mi consentono di fare ciò che ho appreso.

Il limite della forma testuale scritta, diventata di massa, o quasi, da Guttemberg in poi è la sua organizzazione rigidamente lineare, poichè si basa e modella sulla comunicazione verbale, il linguaggio, che necessariamente ha un andamento prima-poi e non consente, una volta strutturata, un rifacimento: si possono aggiungere degli aggiornamenti, ma sono parte altra del testo.



Proprio per superare questa rigidità già nel 1945 un ingenere americano Busch, immaginò "Memex", un sistema capace di correlare argomenti distinti in maniera "stellare" su più piani, proprio come funziona il nostro cervello. Le tecnologie di allora non consentivano la realizzazione, ma vi fu chi, nel 63 organizzò un libro per capitoli come unità a se stanti, numerati e fruibili a seconda del percorso che si voleva intraprendere.
Ovviamente questo implicava una sequenza lineare, ma il prima-poi non era predefinito.

Torniamo ad alcuni concetti base della comunicazione:


Un libro di scienze è una comunicazione esplicita di un argomento: mi viene richiesto di leggere una serie di informazioni secondo una sequenza imposta (la struttura della comunicazione) e poi di organizzare le conoscenze nel mio cervello (la struttura della conoscenza).
Questo percorso ha richiesto pazienza nell'acquisire i dati seguendo un tracciato temporale unidirezionale e unidimensionale. Solo alla fine dell'acquisizione di tutti i dati relativi ad un concetto potrò organizzarli nel mio cervello. Se volessi tornare indietro in maniera "lineare" perché non ho capito, sarebbe impossibile: un testo non può essere letto alla rovescia. Al massimo potrei trovare il bandolo da cui ricominciare a rileggere per capire il tipo di informazione che mi voleva venir trasmessa e che non riuscivo a sistemare, a capire in base alle mie conoscenze.

Il ragazzo che si distrae in classe perde un pezzo della spiegazione e poi non capisce più niente, non può tornare indietro nel tempo per riprendere da dove si è creato il buco.
La struttura della conoscenza deve venir tradotta in struttura della comunicazione.
Essa arriva all'uditore o al lettore che poi deve ritradurla nella sua struttura di conoscenza: solo se vi sarà identità tre le due strutture l'informazione passerà, altrimenti non passerà e il ragazzo imparerà a memoria non essendo in grado di tradurre la struttura della comunicazione nella sua struttura della conoscenza, se poi si sarà anche distratto è perduto.

Più si deve tradurre conoscenza in comunicazione esplicita, più alti sono i rischi di una deformazione della trasmissione.

Un ipertesto è un oggetto non lineare che non impone il prima-poi, non è ancora l'optimum per evitare l'ambiguità della comunicazione esplicita ma è un buon inizio.

Perché tanta importanza sul tipo di comunicazione?

E' importante che chi legge capisca il messaggio e per capirlo deve apprenderlo, cioè sistemarlo all'interno del suo universo di idee che nel formarsi e realizzarsi non seguono un percorso prima-poi, ma crescono contemporaneamenre con ritmi diversi.
Il nostro cervello è organizzato in modo da apprendere in maniera multidimensionale e organizza così anche le proprie conoscenze.
Se pensiamo ad un grafico, alla pianta di una casa, ad un paesaggio che vediamo fotografato o filmato ci rendiamo conto di quanto più immediata sia la trasmissione di quei dati, così strutturati al nostro cervello.
Mio figlio pattina ed esegue dei salti acrobatici molto complessi che richiedono un enorme sforzo di elaborazione mentale spazio-temporale, ma se gli chiedo come fa, mi risponde che non sa spiegarmelo.
Un mio amico fa il liutaio e da lui vanno a bottega alcuni ragazzi: imparano guardando il tipo di legno, la sinuosità delle curve, l’inclinazione dei piani di lavoro, imparare a fare il liutaio tramite un manuale credo sia impossibile.
Forse sarà possibile con un ipermedia, altro da un ipertesto.....


.....continua sulle fotocopie dei lucidi..che non trovo :(



------------------------
Copyright © La_prof. Mity 2006-2012

Licenza Creative Commons

Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

domenica, maggio 10, 2009

La mia magica prima A

La mia magica prima

Con la prima di quest’anno era proprio cominciata male: diversi casi difficili, la classe troppo esuberante, i bravi che monopolizzavano il dialogo e quelli che proprio non riuscivano a starci dietro demoralizzati dalle esternazioni di tanta “sapientia” .
E allora …. ho deciso di recitare a soggetto, seguendo gli umori della classe, ho variato il programma, non perdendo d’occhio le indicazioni ministeriali, ma considerandole solo una traccia: al massimo mi licenziano, ho pensato, ma ormai sono prossima alla pensione e dunque chi se ne frega.

Ed eccoli oggi… incontenibili, stancanti, esuberanti, ma hanno camminato tutti assieme, spesso la colonna ha rallentato il passo per attendere il più stanco, ma il paesaggio era bello e ci si poteva anche fermare e guardarsi attorno .
Ho creato un blog, hanno tutti un indirizzo di e-mail della scuola, abbiamo fatto per ognuno un account su Google e stanno imparando a scrivere pagine web in html da blocco note.
Il loro blog, che io controllo ma non censuro, ha più di cinquecento post e quando devono comunicare con me o mandarmi compiti che non hanno fatto mi scrivono un mail.
A dire il vero non tutti mi scrivono, solo i più espansivi, espansività che ahimè si palesa anche in classe e io devo guidare la classe come se fossi l’auriga di un cocchio con cavalli di razza, ma un po’ matti, e appena mollo un po’ le briglie l’espansività mi travolge.
Sono felice ogni volta che entro in quella classe, mi sento tra amici e sento che la mia affettività nei loro confronti è ricambiata: è una classe difficile, a detta di tutti, ma io con loro sto bene e non importa se devo sgolarmi per farmi sentire sul mare delle loro continue esternazioni di gruppo, fa niente se devo improvvisarmi mima per spiegare un concetto a cui segue regolarmente una ristata, o se per farmeli amici ho raccontato un po’ troppo di me, fa niente … perché il giorno in cui ho detto che mio figlio si era laureato sono scoppiati in un applauso fragoroso che non finiva più.
Fa niente, io con loro sto bene!

Alle volte mi arrabbio come una matta, dico loro di tutto quando fanno stupidaggini, o quando tutti, o quasi, dimenticano il compito per casa al rientro da qualche ponte, poi, la volta dopo, arriva puntuale o mi arriva per email tirato su con lo scanner.
Questi di cui sto scrivendo sono ragazzini di prima media!
Non sono liceali, ma splendidi ragazzini che affrontano il mondo a viso aperto.

In mezzo a tutto questo fiorire di interessi anche la fortuna ci è stata amica: alla classe, per la ragazzina con il ritardo nell’apprendimento, è stata assegnata una bravissima insegnate di sostegno che in tre ore alla settimana è riuscita a farle recuperare parte dei suoi svantaggi, portandola a non aver paura e a pensare che anche lei ce la può fare. Generalmente le sue interrogazioni e le sue verifiche vengono gestite e valutate dall’insegnante di sostegno, ma alcuni giorni fa ha chiesto di farsi interrogare in scienze “ come gli altri” e mi ha fatto vedere un quaderno con i suoi appunti, dai quali aveva studiato e lei, che faceva sempre scena muta ha esposto con serenità gli argomenti preparati. Il ragazzino dichiaratamente dislessico sta riuscendo a farcela e, con l’aiuto dei compagni di classe che gli spiegano i trucchi per risolvere i problemi, è riuscito a prendersi un sette nell’ultima verifica.
L’altro ragazzino difficile, quello che pareva avesse problemi nell’apprendimento e soprattutto relazionali, dopo aver tolto da sotto il sedere la sedia ad una compagna ed essere stato rimproverato tanto da far cascare la lingua, non è stato punito, si è fatto la settimana bianca assieme a tutti ed ora…. prende nove!
Dio la settimana bianca con loro.. ora mi viene in mente… che manicomio, che piacevole manicomio: tutti e 23 hanno partecipato all’avventura e in mezzo agli altri 120 era un po’ difficile controllarli, ma non han fatto grandi danni, si sono punzecchiati moltissimo, hanno litigato, pianto, urlato, come un ecosistema che cerchi di raggiungere una situazione di equilibrio, fino al rientro hanno baruffato e poi.. poi sono cambiati, si sono sentiti “quelli della a”
Sul farli sentire “ quelli della a” io ci avevo lavorato, soprattutto in montagna dove avevo enfatizzato la cosa facendo indossare a tutti un copricasco verde che portavano con orgoglio…fatto sta che è scattata l’identità di gruppo e la solidarietà.
Da allora anche troppo solidali
Ieri interrogavo simulando una interrogazione d’esame, tanto per fare folklore, e loro dal posto non riuscivano a stare zitti: io facevo la domanda a quello che “era fuori” e rispondevano loro dai banchi…e dai una, e dai due,…poi mi sono infuriata e ho detto loro di smetterla che altrimenti io avrei cambiato mestiere. Allora si sono zittiti, ma ad ogni domanda tutti ad alzare la mano , sempre più in alto, sempre di più tesa a toccare il cielo…
-Ma allora? Avete deciso di fare stretching durante le interrogazioni??-
Mi hanno guardata come si guarda un ufo, poi hanno capito e mi hanno risposto in…20! Alla fine hanno deciso che era meglio stare buoni, se no mi incavolavo troppo.
E così si va avanti: ho svolto tutto il programma previsto e ora ho deciso di fare algebra, che si fa in terza, non c’è nel programma, ma quando studieranno geometria e dovranno utilizzare le formule inverse o sapranno algebra o saranno costretti ad imparale a memoria.

-Una mela più una mela più due pere più una pera? Che fa?
-Due mele e tre pere
-Bene e se scrivo 2m+2p va bene lo stesso o sommo e viene 4mp?
Mi hanno guardata come se fossi scema:
- Ma come ? non si possono sommare le pere con le mele!!
Giusto!
- E come si calcola l’area di un rettangolo?
- Base per altezza!- che domande…
- Ok! E se ho un rettangolo più un rettangolo uguale più un quadrato alto come il rettangolo?
- Ci scriva sulla lavagna la sua soluzione.
- Ditemi se è giusto e se posso ancora sommare:
- ab +ab + l·l = 2ab +l²
-Va bene così !è finito! non si può fare altro!- dice uno
-Ma –dice un altro- perché ci ha detto che il quadrato è alto come il rettangolo?
-Esatto: 2ab + b² scrivo sulla lavagna e gongolo.

Sono felice! Li guardo e aspetto che cali il silenzio, che strano a dirsi, cala quando li guardo e non parlo e poi:
- Bene ragazzi! Abbiamo iniziato a sommare e moltiplicare i monomi: questa è l’algebra!!


------------------------
Copyright © La_prof. Mity 2006-2012

Licenza Creative Commons

Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

venerdì, gennaio 23, 2009

Lei e Facebook

Lei.
Ha 15 anni e ripete la terza media per la terza volta.

Anche l’anno scorso è stata mia alunna, prima no, ed io sono tra quelle che hanno votato per la sua bocciatura; è stata una votazione quasi all’unanimità, non era possibile fare altro.
Non aveva mai consegnato un compito, mai riempito una verifica, mai risposto ad una interrogazione, anzi no: aveva fatto un interrogazione ottima su un argomento a piacere, Lei aveva scelto la questione energetica nel mondo, con abilità ed interesse aveva proposto problemi e possibili soluzioni. Poi il nulla.

Dark ostentata, viso bianco occhi bistrati di nero, calze a rete nere, guantini neri a rete e laceri, tutto nero meno i capelli con mèches viola e uno sguardo nero, che ti guarda ma va oltre e non ti vede e tu non sai che fare. Le parli e Lei è quieta, ti guarda e non ti vede, risponde quello che pensa tu voglia sentire e poi fa tutto altro.
Non viene a scuola e la rincorriamo con lettere e telefonate.
Alla fine non si riesce ad avere nulla che consenta una ammissione all’esame eccetto due interrogazioni ottime in scienze ed italiano, ma solo due in tutto l’anno.
Mai mi è capitato di bocciare una ripetente, eppure non ho potuto far altro, Lei non si aspettava altro, quasi che la mia sconfitta, la nostra sconfitta, fosse la sua vittoria.

E quest’anno me la ritrovo in classe, per la terza volta in una terza media.
Sempre dark, sempre pallida, ancora più pallida se possibile, senza più mèches viola, ma sempre tutta nera, con uno sguardo nero perduto nel nulla che ripropone il rituale dell’altr’anno e che finirà con una mia sconfitta ed una sua inutile vittoria.

Quest’anno ostenta anche scollature profonde che fanno lampeggiare gli occhi dei maschietti, ben più giovani, le cui turbolenze ormonali causano continue occhiate fugaci e penetranti verso tutto quel ben di dio.
Non so che fare, come reagirà se le dico che è inopportuna.
La chiamo fuori e le chiedo:
- Ma tu vuoi far morire i tuo compagni di classe con queste scollature, non vedi che ti stanno con gli occhi incollati e che ti muoiono dietro?
Mi guarda e mi vede:
- Prof. non mi ero accorta, mi coprirò con una maglietta, va bene?
La guardo, pensando che mi stia prendendo in giro, ma Lei mi guarda e mi sorride e so che ha capito.
Ho aperto, non so come, uno spiraglio, ma veramente non so come!
Il giorno dopo viene a scuola con sopra una mini maglia nera, e così per tutta la settimana e poi…. Scompare!

Sta assente più di un mese: sta preparando la strada per la non ammissione, visto che con le nuove indicazioni ministeriali c’è un limite alle assenze, superato il quale si ripete.
La rincorriamo di nuovo, lettere, telefonate e finalmente torna a scuola, ma di nuovo io le parlo e Lei non mi vede.. si ricomincia lo spettacolo.

Poi, un giorno, in classe, parlo di Facebook e ne parlo bene, ma spiegandone i limiti ed i pericoli come per ogni social network, compreso MySpace e dico che lo sto usando.
La sera mi arriva la richiesta di amicizia da Lei ed io accetto immediatamente, ma penso sia solo per far numero.
Tre giorni fa, in classe le faccio l’ennesima inutile predica perché non ha studiato e Lei non mi vede, ma io la vedo e le dico che sta usando un pennello sbagliato per l’eyeliner, troppo sottile per fare una linea così grossa, la linea viene tutta frastagliata.
Boh! Perché le ho detto ‘sta cosa? Mi è scappata…ora si volterà e se ne andrà senza verbo proferire.
Invece no, mi guarda, mi vede e mi sorride. Mi ringrazia e mi sussurra:
- Sa che ho guardato le sue foto di quando era giovane.. che belle!-
- Ma che foto- borbotto io- sono solo di dieci anni fa ed allora ero già grande -
Mi imbarazzo e mi volto, io questa volta, Lei esce per la ricreazione.

Tornando a casa in autobus penso che sono un’ imbecille, sia per come le ho risposto sia per il fatto che ci sono foto di quando avevo trent’anni ed ero alla Pitteri. Sono proprio un imbecille!
A casa rimugino e po’ e poi vado sulla sua bacheca di Facebook e le scrivo che si, aveva ragione, ci sono delle foto di un tempo e le raccomando il pennello grosso.
Mi risponde immediatamente e ci mette carrettate di emoticons sorridenti.
Mi chiede se posso, se ho tempo, se trovo, di mettere delle foto di quando avevo la sua età, perché le piacerebbe vedermi.
Non mi pare possibile che Lei mi cerchi, non mi lascio sfuggire l’occasione e a costo di essere ridicola pubblico le foto di allora che trovo, quello che trovo, una anche fatta a ventisette anni.
Lei mi risponde esultante a chilate di faccine ridenti, mi dice che ero bella, che anche lei spera di essere così quando avrà ventisette anni e mi saluta con un
- Ci vediamo lunedì
Questa è la prima volta che riesco a parlare con Lei e non a parlarmi addosso e se il mezzo e Facebook.. ben venga…ora spero che non combatta più con la scuola o almeno con me, che non consideri vittorie le sue sconfitte, che studi un poco, che guardi al futuro e non veda solo grigia nebbia incombente.

Io spero….
E già con Lei è tanto.

v
------------------------
Copyright © La_prof. Mity 2006-2012

Licenza Creative Commons

Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

mercoledì, ottobre 15, 2008

15 ottobre 2008 lo zero e i voti

E’ un periodo difficile, travolti come siamo da riforme, controriforme, decisioni per decreto su come deve andare la scuola, senza norme applicative, non si capisce più niente.
Ora siamo tornati ai voti.
Questa è forse l’unica cosa che posso condividere della controriforma, ma non posso condividere il metodo.
Ma tanto a chi interessa cosa penso io, insegnante innamorata della scuola, dei ragazzi, dalla meravigliosa possibilità che ho di trasmettere conoscenza.
L’altro giorno mi sono divertita con loro a parlare dei numeri, di quando sono nati, di come sono nati e abbiamo scoperto che lo zero lo conoscevano i babilonesi dell’era pre cristiana, ma che solo gli indiani, nel sesto secolo dopo Cristo ne descrissero il completo significato e che quel significato completo, assieme alla scrittura con le cifre nel sistema decimale posizionale è arrivato in Europa solo con il “Liber abaci” di Fibonacci del 1200 e poi ci sono voluti quasi due secoli perché si diffondesse, essendo la capacità di fare i calcoli con i numeri romani rarissima e fonte di potere.
I calcoli venivano fatti con dei sassetti, da cui la parola calculo e calcolo.
Poi, con l’introduzione delle cifre indo-arabe si poterono fare le operazioni con la penna e la carta, la splendida carta che arrivava dalla Cina.
Intanto Guttenberg inventava la stampa a caratteri mobili ed il mondo cambiava, il potere della conoscenza passava di mano, dai nobili e dai religiosi ai mercanti e si gettavano le basi per una conoscenza diffusa del saper leggere e far di conto, ma la resistenza dei potenti era forte e riuscirono a rallentare per secoli lo sviluppo dei saperi che esplose solo nel Rinascimento.
Tutta questa collocazione storica della matematica li affascina: quando abbiamo letto che il simbolo dell’uguale è stato letteralmente inventato da un certo signor Recorde nel 1550 o giù di lì perché si era scocciato di scrivere sempre aequalis e allora cosa di meglio di due segmenti paralleli per indicare l’uguaglianza, a loro è parso che la matematica acquistasse un senso, ne hanno intravisto l’evoluzione e le radici.

E non è cosa da poco convincerli che non è "così e basta", che se si cambiano le regole iniziali anche la matematica cambia.

Ordunque, nella prima ho fatto le foto e le ho pubblicate, poi le ho anche appiccicate sul registro.
Quando ho chiesto chi le avesse viste quasi tutti hanno alzato la mano, ma dalle domande che mi hanno fatto è risultato subito che usano l’Internet ed in pc come una scatola magica e che procedono per tentativi ed errori. Prima o poi ci riescono, ma sarà meglio che insegni loro come orientarsi sulla rete.
Tra i ragazzi ce ne è uno che pare sempre sognare, perennemente distratto, non riesce a seguire il ritmo della classe me se gli chiedi qualche cosa direttamente spesso sa risponderti ed ampliare l’argomento, altre volte pere non capire nemmeno cosa gli stai chiedendo. Scrive in un modo terribile, senza spazi tutto uguale e il suo diario è scritto fitto fitto a caratteri grandi come se avesse disegnati centinaia e migliaia di lettere che per lui hanno poco senso.

Ieri la madre ha portato la certificazione di dislessia e disgrafia…dirlo prima no??

Quindi questa prima parte con un dislessico/disgrafico, una ragazzina spacciata per dislessica ma che pare abbia un ritardo nell’apprendimento, un ragazzino affetto da nanismo e una ragazzina rumena che è da poco in Italia che non capisce cosa le chiedi ma che sua mamma dice: - Nooo.. mia figlia italiano molto bene parla!!-

Sostegno: chiesto ma non ottenuto ancora e forse mai.

La scuola ti mette sempre in croce: che fai, lavori con i bravi e lasci perdere chi non ti segue, fai un insegnamento differenziato ma con 23 è un po’ difficile e poi comunque da sola non riesci a seguirli tutti, abbandoni quelli che sono in difficoltà?
A me prende spesso un gran rimorso di coscienza e comunque, qualunque cosa faccia sbaglio: anche non stimolare i dotati ed i volonteros,i che alle volte vengono da famiglie disagiate e che nella e con la scuola ricercano un riscatto sociale, è sbagliato, ma anche abbandonare gli altri e così sei perennemente in crisi e reciti a soggetto a seconda degli umori della classe in quel giorno.
Alle volte i “bravi “ si dimostrano disponibili a lavorare in gruppo e così, facendo un lavoro comune tutti percorrono la stessa strada, chi prima chi poi, ma altre volte si infastidisco perché sono anche persone che, per i fatti loro, quel giorno non sono ben disposte a rallentarsi per stare al passo del più lento e tu non puoi forzare perché diventa un’imposizione e non un atteggiamento solidale…quindi cambi argomento sperando in domani.
Domani vedremo


------------------------
Copyright © La_prof. Mity 2006-2012

Licenza Creative Commons

Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.